La Stampa, 12 dicembre 2016
Tomba, trent’anni da leggenda. «La mia vittoria più bella? Tutte»
Trent’anni di Alberto Tomba, il campione che il mondo della neve ha invidiato all’Italia, non solo stella sugli sci ma anche istrione, personaggio e oggi leggenda dello sport. Cinquanta vittorie in Coppa del Mondo, terzo sciatore di sempre per numero di successi, una coppa generale, tre ori olimpici, 2 mondiali e 8 coppe di specialità, numeri da cannibale per la «Bomba», esplosa sul palcoscenico internazionale nel 1986 in Alta Badia.
Tomba, le emozioni di quel 14 dicembre sulla pista della Gran Risa?
«Era il 13 dicembre, non il 14. Avevo il pettorale n.24. Con i numeri ho sempre giocato a comporre filastrocche prima e dopo le gare....Arrivai secondo dietro Pramotton e davanti a Tötsch, nella prima manche ero 12°».
Il presidente della Fisi Roda, nel weekend di Coppa del mondo a Sestriere, ha ricordato gli anni in cui avete lavorato insieme. Ricordi?
«Ho iniziato la mia carriera in comitato con Flavio e l’ho chiusa con lui. Un amico più che un allenatore, la persona fidata con la quale viaggiare nel circuito. Io guidavo e lui mi parlava, eravamo una coppia affiatata. Avevamo i nostri riti scaramantici e goliardici. Ci dicevamo “se si vince andiamo in Appennino a festeggiare” e si celebrava con ottimo vino rosso. Lo scelse mio padre».
Che effetto le fa questa data?
«Il tempo passa velocemente e siamo già qui a ricordare i trent’anni dal mio primo podio. Nella società di oggi non si capisce nulla. Allora si viveva in modo più sereno, non c’era tutta questa politica gridata. I vostri figli crescono in questo mondo....con i social, i telefonini e molte tensioni. Per fortuna quando gareggiavo io non c’erano questi mezzi di comunicazione. Comunque io non mi schiero, mi tiro fuori. Gli Anni ’90 sono stati indimenticabili, mi sono rimasti nel cuore».
Alberto, lei è molto più sensibile di quanto appare?
«Sì, ma non sono pessimista. Trovo che oggi ci sia più invidia, la parte sentimentale invece ha una grande importanza. Certo, non mi sono mai sposato perché preferisco non avere tre mogli e cinque figli come succede a tanti. Grazie alla mia attività di sportivo e al fatto di aver viaggiato ho evitato questi errori. E forse ho trovato il vero amore troppo presto. Poi non l’ho più incontrato, adesso va bene così».
Tornando allo sport, la vittoria più bella?
«Dalla prima all’ultima, in mezzo ci metto i Mondiali e le Olimpiadi».
Roda ha detto che gli ori iridati di Sierra Nevada sono stati i più belli. Concorda?
«I Mondiali avrebbero dovuto svolgersi nel 1995 e furono posticipati di un anno per mancanza di neve, permettendomi di vincere anche negli anni pari».
Si è mai pentito di aver chiuso la carriera a 31 anni?
«Ero stressato, non ne potevo più, c’era troppa pressione e doveva staccare la spina. I miei tifosi dicono che ho regalato dieci-venti vittorie agli avversari. Ma ad ogni vigilia succedeva sempre qualcosa e io poi tappavo la bocca a tutti con una vittoria. Però, dopo un po’ ti viene da dire basta...C’era anche Deborah Compagnoni in quel periodo, insomma l’attenzione dei media era concentrata su noi due, adesso i giornalisti che seguono la coppa del mondo sono rimasti davvero pochi».
Un commento sullo stato di salute dello sci azzurro?
«Le donne sono partite meglio, dopo Deborah ci voleva la Goggia. Fill si è confermato ma la stagione per me inizia adesso con le discipline tecniche. Ho guardato lo slalom della Val d’Isère, Pinturault, Hirscher e Kristoffersen hanno una marcia in più. Ai nostri manca un leader, quello che è la Goggia per le donne».
Tomba, il 19 dicembre compie 50 anni. Come festeggia?
«Mi regalo uno sci per vittoria... scherzo. Andrò a cena con gli amici intimi, i tifosi del mio fans club».
Lunedì in Alta Badia si corre lo slalom parallelo, ci sarà?
«Non so ancora. Anche la Coppa del mondo compie 50 anni, festeggeremo insieme».