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 2016  dicembre 12 Lunedì calendario

Piccoli e umili sotto il mantello per proteggersi dall’ira divina

L’immagine della Madonna della misericordia si è diffusa in Occidente intorno al XIII secolo soprattutto grazie agli ordini monastici ed è una delle tante varianti iconografiche della Vergine delle quali solo una minima parte è ispirata ai vangeli.
Il primo grande impulso alla proliferazione delle immagini mariane era cominciato nel V secolo, dopo la contestazione del ruolo di Maria da parte dei nestoriani. Per la setta dichiarata eretica dal Concilio di Efeso del 431, la Vergine non poteva essere chiamata Madre di Dio in quanto era solo la madre di Gesù, cioè della persona umana e non divina. Dunque per affermare la dottrina ufficiale vincente venne incentivata la creazione di immagini della Madre col bambino, peraltro già da secoli in uso in molte religioni pagane, la più conosciuta delle quali era la dea egizia Iside con in grembo il figlio Oro. La Madonna della misericordia si afferma nel Medio Evo per il bisogno che gli uomini hanno di proteggersi dalle epidemie (soprattutto quelle di peste), dalle guerre, dalle carestie, tutte disgrazie interpretate dal popolo e dal clero come punizioni divine.
Nel caso della peste, il manto della Vergine fa da scudo contro una pioggia di frecce, considerate veicolo della diffusione del morbo. Come si vede anche dalla posizione che occupa nelle rappresentazioni del Giudizio Universale, la Vergine era considerata la mediatrice fra l’uomo e l’ira di Dio. Mettersi sotto la protezione di Maria significava chiederle di intercedere per mitigare la punizione.
E siccome già nell’antichità il manto era un indumento simbolo di protezione, ecco che l’iconografia della Madonna della misericordia viene costruita come una figura stante, con le braccia allargate che tengono aperto un mantello simile a una tenda sotto cui si inginocchiano le piccole figure dei devoti, spesso uomini e donne di ogni ceto, a rappresentare l’umanità intera; oppure divisi fra ecclesiastici, a destra, e laici, a sinistra.
Anche Piero, pur essendo pittore «moderno», teorico dell’invenzione rinascimentale della prospettiva, si adatta all’impianto iconografico arcaico. La Vergine appare monumentale, impassibile come un idolo primitivo, distante nella sua fissità frontale, una figura quasi astratta per la simmetricità del gesto. Sotto di lei, i fedeli inginocchiati appaiono sproporzionati, come nella statuaria medievale dove è il valore simbolico, non la realtà, a determinare la grandezza di una figura. «S’inginocchiano costoro intorno al fusto vermiglio, disposti in libero emiciclo, tranquilli sotto la torre che li sovrasta di una tale gigantessa africana, sicuri anzi sotto il colonnato di pieghe», ha scritto Roberto Longhi. E come se non bastasse, su richiesta dei committenti, Piero deve stendere un fondo oro, di tradizione bizantina, che conferisce all’immagine un’aura più sacra, ieratica e lontana, appartenente a uno spazio e un tempo incommensurabili. Ma Piero, che sarà l’autore del De prospectiva pingendi, inserisce alcune dissonanze nel ritmo della rigida simmetria centrale del gran corpo/padiglione della Vergine, come le pieghe del velo che, incorniciando il volto, bucano in una profondità tridimensionale lo spazio sidereo dell’oro. O come il quasi impercettibile movimento del ginocchio destro che, leggermente piegato in avanti, trasforma l’idolo in una persona. Anche la simmetria dell’emiciclo dei devoti è spezzata dalla varietà dei profili che, di volta in volta perfetti, perduti o di scorcio frontale, ci chiamano fuori dall’incanto ottico del Medio Evo. Ecco perché l’immagine ha qualcosa di ipnotico. È quell’incantamento che ci fa stare in bilico nella cuspide fra un sublime Assoluto e il tempo presente.
Per questo, però, per il suo impianto medievale, l’immagine della Madonna della misericordia, non poteva reggere alla grande maniera rinascimentale. Dopo il XVI cadde in disuso e raramente la si vedrà nell’arte della Controriforma.