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 2016  dicembre 08 Giovedì calendario

Mancano politica e cultura. Avanza il pattuglione della tv

Kimoni, niente: lo si temeva ma alla fine le sciure non hanno osato, lasciando campo libero alla moglie dell’ambasciatore giapponese Kazuyoshi Umemoto che ne indossava uno verde acqua. Figure istituzionali poche, sia presenti che passate prossime, e difatti la conta è presto fatta: Mario Monti e Corrado Passera immancabili e si sospetta perfino melomani, Paola Severino avvistata nel foyer e subito sottrattasi ai cronisti, il sindaco Giuseppe Sala che celebra Milano «isola rispetto all’Italia in questo periodo», l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno piuttosto elettrizzato per la discesa in campo di Giuliano Pisapia, più il presidente della Regione Roberto Maroni, che alla fine del primo atto definisce l’opera «suggestiva e degna di questo teatro».
Dimissionato il premier, trattenuto a Roma il presidente della Repubblica (e a inizio serata arriva il comunicato, in cui Mattarella invoca «ragioni di carattere istituzionali a tutti note», augurandosi di essere «presto presente alla Scala»), il Piermarini insomma non è stato, a Sant’Ambroeus del 2016, quella camera di compensazione dove, come riassume il finanziere Francesco Micheli, «ci si parlava e si trovavano gli accordi». In palco reale, invece delle autorità assenti, sono stati accolti quattro cittadini che arrivano dalle zone terremotate, in un gesto di sobrietà e solidarietà: «Siamo qui sperando che non ci si dimentichi di noi», dicono, e non perdono la speranza nonostante i possibili ritardi sulla ricostruzione dovuti alla crisi di governo.
Di sicuro serpeggia l’incertezza e la parola d’ordine è congelamento, non inteso in senso meteorologico. Tanto che finiscono per confortare talune certezze di rito ambrosiano: i banchieri sotto il busto di Toscanini (Bazoli, Mustier, Morelli, Messina, Costamagna, Braggiotti fra gli altri), il nero, l’argento, gli smeraldoni, lo champagnino nell’intervallo con selfie incorporato, il (molto) botox, i (pochi) cincillà politicamente scorretti, perfino la tiara di una coraggiosa nonagenaria. Una testa coronata vera, sia pure abdicata, compare nei palchi ed è Juan Carlos di Spagna con bastone, abbronzatissimo e felicissimo di essere alla Scala «dove desideravo venire da quarant’anni». Roger Moore, l’ex 007 coetaneo della dama con la tiara, alla fine ha deciso invece di non esserci.
È una certezza l’iconica Carla Fracci, stavolta con copricapo d’oro e di corallo alla Lucia Mondella: Cio-Cio-San l’ha fatta piangere, «Chailly è grandioso, la sua una lettura ovattata, delicata». Ed è una piacevole costante Roberto Bolle, che apprezza il repêchage della prima versione 1904, «dove Pinkerton risulta ancora più violento e dunque l’amore puro e non corrisposto della protagonista risalta ancora di più». Confermata Sabrina Negri ex Calderoli, in nero con strascico. Non si sente la mancanza, invece, di Valeria Marini, che secondo una sua amica in foyer «non risponde ai WhatsApp e probabilmente ha molto da fare».
Pattuglione televisivo però ben nutrito, con le sorelle Parodi, Carlo Cracco, Chiara Francini, il wedding planner Enzo Miccio in smoking damascato «confezionato in stoffa orientale», Alfonso Signorini in cappa rossa e babbucce impaillettate. Di opera lui s’intende davvero, la Ur-Butterfly la conosce perfettamente, e pure il soprano Maria José Siri a cui ha appena dedicato un servizio su Chi, «una donna che ha sofferto davvero per amore»: ma di certo si rimpiange quando, negli intervalli, i pareri da raccogliere erano quelli di Umberto Eco e di Gae Aulenti. Doposcala alla Società del Giardino benedetto dall’eterno risotto, però in versione creativa e cioè confezionato con luccioperca, cavolo nero e mirtilli. Insomma ancora più made in Milan di quello con lo zafferano.