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 2016  dicembre 08 Giovedì calendario

Scopri Napoli attraverso le sue pizzerie

La pizza? «È la risposta democratica e sostenibile al bisogno di sfamarsi». La pizza a Napoli? «È ‘na bellezza». La prima riflessione la fornisce un antropologo come Marino Niola, ricordandoci che «pochi cibi sono ecocompatibili come lei, in grado di soddisfare insieme le esigenze del gusto e del benessere, a costi accessibili a tutti e senza pesare eccessivamente sulle risorse del pianeta». La seconda risposta arriva da Enzo Coccia, pizzaiolo illuminato che ha contribuito a liberare il piatto simbolo partenopeo dal giogo dei preconcetti folcloristici.
Le riflessioni del primo potete leggerle nel libro Pizza. Una grande tradizione italiana appena pubblicato da Slow Food a cura di Antonio Puzzi. Un sussidiario che spazia dalla linguistica all’antropologia, dalla storia alla geografia con ben 386 indirizzi preziosi da tenere a mente. «Un viaggio – dice Puzzi – dai vicoli di Napoli fino a New York o Sidney, per capire meglio la portata di questo semplice disco di pasta condito che ha conquistato il mondo».
Ma è proprio dai vicoli di Napoli che si deve partire per capire l’essenza e la poesia di un piatto nato povero e ritrovatosi al centro dell’universo gastronomico, pur rimanendo alla portata di tutti. E allora niente di meglio che iniziare dalla «Notizia» di Coccia, in via Caravaggio 53-59 di zona Fuorigrotta, che oltre al classico impasto di acqua, sale farina e lievito, propone anche antiche ricette come la pizza fritta e la deliziosa ’mpustrarella, ridefinizione del vecchio panino napoletano consumato all’ora di pranzo, «quando – racconta Coccia – intere famiglie, pure le braccia più piccole, trascorrevano buona parte della giornata lontane da casa, impegnate nei mestieri più umili e pesanti».
Occorre, però, una premessa: quasi in nessuna delle centinaia di pizzerie che popolano Napoli è possibile prenotare. «È inutile, perché tanto i napoletani non rispettano mai l’orario fissato», dice Antonio Starita, 75 anni, terza generazione di pizzaioli che ha esportato il suo nome anche a Milano, New York e Atlanta. Nel suo storico locale nel popolare rione Materdei, dove nel ’54 De Sica girò un episodio di L’oro di Napoli, Pizze a credito con Sophia Loren, la coda in attesa è una costante, così come la qualità. «Le materie prime sono tutto, non vale la pena cercare scorciatoie», dice servendoci un’originale versione con fiorilli, zucchine, provola e pecorino. «Io mi impegno perché la pizza resti un cibo del popolo, tutto questo successo un po’ mi fa paura».
Storia e tradizione sono anche il biglietto da visita di Gorizia 1916, una delle più antiche pizzerie di Napoli in attività: la trovate in via Bernini 29, nel quartiere Vomero. «Quando mio nonno decise di aprire il locale, nel 1916, le truppe italiane stavano entrando in Gorizia – racconta il patron Salvatore Grasso -. Pensò: quale nome migliore? Ed eccoci ancora qua». In un’atmosfera un po’ vintage, l’ideale è affidarsi ai grandi classici, la margherita e la marinara. Anche perché, dice Grasso, «più la pizza è semplice, più è buona e difficile da fare».