la Repubblica, 8 dicembre 2016
Quando la cultura ci fa belli
CARO signor Augias, non le saranno sfuggite due foto: in una un medico anestesista presunto (?) assassino, in coppia con l’amante infermiera, esce scortato da una caserma dei carabinieri con sottobraccio quattro tomi di tragedie greche (Eschilo, Sofocle, Euripide, e tutto il teatro); nell’altra si vede il comodino di un boss della ‘ndrangheta, arrestato anche lui nei giorni scorsi, con sopra libri di Sartre, García Márquez, Bolano, Tolstoj e l’intera Recherche di Marcel Proust. Già mi ero sorpreso tempo fa alla notizia che i boss mafiosi siciliani sono lettori del Vangelo e della Bibbia. Poi mi sono detto: «Mah! Forse, da uomini, sono impauriti delle tremende pene che dovranno scontare in eterno dopo la morte». Ora mi chiedo... allora non è del tutto vero, come spesso ho sentito dire anche in tv, che la lettura e la letteratura preservano dal Male. Lo pensai anche quando sentii la grande Fernanda Pivano dire «Dove c’è poesia non possono esserci violenza e guerra». Sembra verosimile, poi si scopre che lo sterminatore dei bosniaci Radovan Karadzic e il camorrista Raffaele Cutolo sono poeti, allora si pensa che non sempre l’alta cultura libera e migliora.Claudio Druda
LA SORPRESA del signor Druda presenta un paio di aspetti che devono essere discussi, ammesso di riuscire a comprimerli in questo spazio. Il primo è se le persone colte posseggano una migliore qualità umana. Può succedere, ma non è detto. Persone ritenute incolte possono avere una qualità umana eccezionale, credo che tutti ne abbiamo conosciute. Gli ufficiali delle SS che ascoltavano Beethoven e leggevano Goethe mentre a pochi passi da loro si torturava o si mandavano esseri umani nelle camere a gas sono l’esempio massimo del contrario. Ritenere che una preparazione più elevata migliori chi la possiede fa parte del grande sogno illuminista che ipotizzava la liberazione dell’umanità dal giogo dell’ignoranza e dalle tenebre delle superstizioni religiose attraverso la conoscenza (progetto Encyclopédie). Si può dire che anche quel sogno ha mostrato i suoi limiti, in parte smentito dai fatti, in parte dall’impossibilità di realizzarlo compiutamente. La constatazione del vecchio Immanuel resta valida: «Da un legno storto come quello di cui è fatto l’uomo, non si può costruire niente di perfettamente dritto». Non c’è niente da fare allora? Nemmeno questo è del tutto vero, la realtà è che i valori che improntano il comportamento delle persone sono più d’uno e spesso in conflitto tra di loro. Il pluralismo dei valori, degli interessi e delle pulsioni inconsce determina il nostro comportamento, indipendentemente dal livello culturale che si possiede. Al signor Druda in definitiva vorrei suggerire di non fidarsi troppo della parola “cultura” che, presa in sé, conta poco. Contano invece il modo in cui la si acquisisce e l’uso che si può cercare di farne. Il grande critico Ezio Raimondi, uomo colto e profondamente umano, nel suo libro Un’etica del lettore scrive che chi legge si mette in relazione con l’altro, lo ascolta. La chiama etica della lettura. C’è invece chi legge per ritrovare nelle pagine solo un qualche frammento di se stesso; nessuna etica, narcisismo.