la Repubblica, 8 dicembre 2016
«Le regole Ue invocate per la Brexit? Le ho scritte io al tavolo della cucina». Intervista a John Kerr
LONDRA «Ho scritto l’articolo 50 a tarda sera, al tavolo della cucina, su un blocco per appunti». Nessuno conosce il meccanismo della Brexit meglio di John Kerr: perché è opera sua. Paradossalmente fu lui, diplomatico di carriera britannico, a vergare a penna la clausola che Theresa May si è impegnata a invocare entro il marzo 2017 per negoziare il divorzio della Gran Bretagna dall’Unione Europea. «Ma la vera trattativa comincerà dopo le elezioni tedesche», predice il 74enne ex-ambasciatore a Bruxelles e Washington, ora membro della camera dei Lord. «E si deciderà nelle battute finali».
Lord Kerr, come finì a scrivere l’articolo 50?
«Nel 2002 ero in pensione, avevo una Jaguar vintage e mi accingevo a un viaggio a Santiago de Compostela. L’allora primo ministro Blair mi chiese di rappresentare la Gran Bretagna nelle trattative sulla nuova “Costituzione europea”. La parola costituzione, a noi inglesi che non ne abbiamo una, suonava indigesta. Ma la patria chiamava. Mi ritrovai a negoziare con i padri costituenti, da Giscard d’Estaing a Giuliano Amato. Presi in affitto un appartamento a Bruxelles, dove mi raggiunse mia moglie. Lei giocava con una nipotina. Io giocavo, per così dire, con l’articolo 50».
In che modo?
«Una sera, seduto al tavolo della cucina, buttai giù a mano la prima bozza. Beninteso, ne ero l’autore come una macchina per scrivere è l’autore di un romanzo. Mi limitavo a riassumere le discussioni».
Perché prevedere la secessione di uno stato membro?
«Ci fosse stato un golpe in uno Stato europeo si doveva immaginare un meccanismo di uscita. Quando scrissi l’articolo 50 non immaginavo che un giorno sarebbe servito alla Gran Bretagna».
Cosa vuol dire la premier May quando afferma che la Gran Bretagna uscirà dalla Ue ma non dall’Europa?
«Che quando le due parti smetteranno di punzecchiarsi come bambini, potranno risolvere le questioni di interesse comune. La cooperazione nel campo della sicurezza, dall’antiterrorismo al narcotraffico. Legami in politica estera e di difesa. E tutti vogliono mantenere gli scambi in campo universitario, come l’Erasmus, e scientifico».
Londra sembra convinta di poter mantenere l’accesso al mercato comune per finanza e industria dell’auto.
«Una Brexit “alla carta”, in cui il nostro governo seleziona i settori in cui restare nel mercato comune, mi pare difficile, se May metterà fine alla libertà di immigrazione, come promette».
Possibile che una premier conservatrice finisca per danneggiare la City, le banche, l’industria nazionale?
«La vera trattativa inizierà soltanto dopo le elezioni francesi e tedesche, cioè nell’autunno-inverno 2017. E le decisioni cruciali verranno prese nelle battute finali, un anno più tardi».
La Gran Bretagna potrebbe fare marcia indietro?
«Dipende da vari fattori, in primo luogo dall’economia. In teoria nulla impedisce che l’articolo 50, una volta invocato, sia ritirato. Gli avvocati mi dissero, quando lo scrissi: se una norma non proibisce qualcosa, significa che è permesso».
Intanto la Corte Suprema è riunita per decidere se ci vorrà un voto del Parlamento per autorizzare l’articolo 50.
«Entriamo in territorio pirandelliano. Il punto chiave è un altro: se la Corte autorizzerà anche il parlamento autonomo scozzese a votare sulla Brexit. In gioco non c’è solo la permanenza britannica nella Ue, ma anche la permanenza della Scozia in Gran Bretagna».