Corriere della Sera, 9 dicembre 2016
Breve storia del Cnel. Istituzione poco amata
Il Cnel, con una trentina di alti funzionari stipendiati, inutile quanto sconosciuto, resta in piedi perché il risultato del referendum è stato No. A noi italiani non manca l’acume, l’estro e l’intelligenza, ma a noi manca la serietà civica nel saper vigilare sui soldi dello Stato (che sono soldi nostri), e mai come in questo momento possiamo permetterci di sprecare danaro pubblico. Il Cnel è solo il fatto più appariscente dello sperpero che si protrae da decenni ai danni della collettività.
Felice Colella
Avellino
Quasi tutti hanno concordato sulla inutilità del costoso Cnel di cui ignoravo l’esistenza e che è stato salvato dall’esito del referendum. Non mi è chiaro perché non possa essere abolito in altro modo.
Claudio Calabresi
claudio.calabresi@libero.it
Cari lettori,
Il Consiglio Nazionale della Economia e del Lavoro è un organo previsto dalla Costituzione e può essere eliminato soltanto con una legge costituzionale. Occorre quindi, come nel caso della riforma Boschi-Renzi, un doppio passaggio alle Camere, una maggioranza «abbondante» (due terzi dei suoi componenti), oppure un referendum confermativo. Prima di avviare una nuova procedura per la sua eliminazione, un breve riepilogo sulle ragioni della sua esistenza può essere utile.
Nelle intenzioni di coloro che lo hanno voluto all’Assemblea Costituente, il Cnel è un organo di consulenza delle Camere e del governo «per le materie che gli sono attribuite dalla legge», ed è composto da «esperti e rappresentanti delle categorie produttive». Qualcuno sostenne subito che era la versione democratica della Camera dei fasci e delle Corporazioni, istituita da Mussolini al posto della Camera dei deputati per dare una voce istituzionale a tutte le forze della economia italiana. Nella Europea post fascista invece, il Cnel, come altri istituti analoghi creati nell’Europa del secondo Dopoguerra, sarebbe stato una risposta democratica al comunismo e al socialismo massimalista. Avrebbe dimostrato che i produttori (imprenditori e operai) avrebbero avuto nella Repubblica un luogo istituzionale in cui concorrere allo studio della congiuntura, alla elaborazione dei programmi di sviluppo e alla scrittura delle leggi.
Non credo che il tentativo possa considerarsi interamente fallito. Quando gli storici lavoreranno negli archivi di Villa Lubin (la sede storica del Cnel), scopriranno che i membri del Consiglio hanno raccolto una documentazione importante e fatto spesso un lavoro coscienzioso. Ma questo lavoro si è quasi sempre fermato sulle soglie di un governo e di un Parlamento che vedevano nel Cnel uno scomodo intruso e preferivano rinchiuderlo in una torre di avorio. Il suo declino divenne evidente quando il governo cominciò a trattare direttamente con i sindacati tutte le questioni per cui il Cnel, se bene utilizzato, sarebbe stato una utile camera di compensazione. Il colpo di grazia venne quando a Palazzo Chigi fu aperta una Sala verde in cui il governo si sposta per incontrare periodicamente le Regioni e le parti sociali. Nel frattempo, mentre aumentava il numero di coloro che chiedevano la sua soppressione, il Cnel sembra avere ridotto considerevolmente le sue spese. Il vicepresidente Gian Paolo Gualaccini ha ricordato recentemente che i suoi consiglieri, da due anni, non sono più pagati.