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 2016  dicembre 09 Venerdì calendario

Tre anni e poi un test. La laurea senza tesi

A Bologna hanno scelto la soluzione più radicale: via la «prova finale» per la laurea triennale, quella che un tempo era la tesi. Nel corso di Economia, mercati e istituzioni si fa invece un esame finale uguale per tutti e così si diventa dottori. Vantaggi: velocità, risparmio di tempo e di risorse sia per gli studenti che per l’università, fine di tesine striminzite e sempre più scopiazzate. Un’unica cerimonia di proclamazione una volta l’anno corona la prima tappa del percorso universitario in attesa di quella che ormai è considerata l’unica vera laurea, quella specialistica. Svantaggi: niente solennità a fine studi (per chi non continua con la laurea specialistica) e ufficiale ammissione che i primi tre anni di università non sono una laurea vera e propria.
Sono effetti a distanza della riforma del 3+2, la semplificazione del percorso universitario per omologare il sistema italiano a quello degli altri Paesi europei e per cercare di far crescere un po’ più in fretta il numero dei laureati in un Paese, il nostro, che comunque non raggiungerà il traguardo europeo del 2020: il 40 per cento dei laureati tra le giovani generazioni.
Gli studenti del corso del professor Stefano Toso a Bologna non l’hanno presa bene. Contestano il mancato coinvolgimento e il fatto di perdere un’occasione per esprimere la loro creatività nella tesi. «Sono quindici anni ormai, dai tempi della riforma del 3+2, che non si parla più della tesi, ma di prova finale ed è un sistema più trasparente – spiega il prorettore alla didattica dell’Alma Mater Enrico Sangiorgi —. Ogni corso sceglie la modalità migliore per svolgerla: elaborato, discussione, esame. Di solito questa prova vale da 3 a sei crediti, cioè da 75 a 150 ore di lavoro, non è paragonabile alla vecchia tesi».
La semplificazione negli ultimi anni è già stata adottata in diversi corsi nelle Università italiane da Milano a Palermo passando per Ca’ Foscari, per il Dams di Bologna, la facoltà di Studi internazionali di Forlì, e anche la Bocconi: tra proteste (degli studenti e dei genitori) e messe a punto, gli esperimenti funzionano.
«Vedo con favore la semplificazione – spiega Cristina Messa, rettore di Milano Bicocca – purché sia concordata e condivisa anche con gli studenti. È giusto che ogni corso decida tenendo conto delle sue specificità, c’è una commissione mista per farlo. L’elaborato previsto alla fine della laurea triennale è di solito compilativo, una ricerca più che una tesi, e dunque può non valere la pena di discuterlo, comunque non viene pubblicato, serve invece per valutare lo studente: può essere utile nei corsi dove la maggior parte degli studenti prosegue poi gli studi con la laurea specialistica, o nei corsi brevi a Medicina che sono anche abilitanti e nelle materie scientifiche. Ma negli altri casi credo che si possa semplificare: gli studenti hanno già molti modi di dimostrare la propria creatività durante i corsi e le lezioni. È giusto rendere più semplice il percorso dove è possibile».