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 2016  dicembre 04 Domenica calendario

Da due a cinque euro al chilo: il mistero del prezzo del pane

Dice, esco un attimo e vado a comprare un chilo di pane. Una commissione semplice semplice, da fare sovrappensiero, magari mentre si telefona a un amico o si chiacchiera amabilmente con il commesso di fiducia. E invece no. Perché il buon padre di famiglia che si lancia in quest’avventura non immagina neanche in quale labirinto di prezzi e variabili impazzite si stia infilando. E quanti soldi potrebbe risparmiare se solo sapesse un po’ delle informazioni pratiche che stiamo per dargli.
Il primo dato, quello più eclatante, riguarda le materie prime, insomma il grano. Che, secondo una recente analisi della Coldiretti, costa come trent’anni fa. Quello tenero, che serve per la panificazione (Alessandria e Bologna solo le province che ne producono di più), viene pagato circa 18 centesimi al chilo. Ne basta un chilo, appunto (perché si riduce di peso nella trasformazione in farina, ma poi va aggiunta l’acqua) per fare la stessa quantità di pane. Eppure un chilo di pane in Italia costa in media poco più di 2,70 euro al chilo: il 1.400% in più. Come mai?
La scelta. A parlare con i panificatori, le materie prime incidono poco o nulla. Diciamo, intorno al 10%. Perché quello che pesa è il costo del lavoro per la produzione. Poi c’è quello energetico, quindi le spese per pagare operai, macchinari, locazione e manutenzione del negozio. Certo, e noi ci aggiungiamo anche il sacrosanto guadagno del piccolo imprenditore. Va bene tutto. Ma giustificare un più 1.400% è dura. Ed è solo l’inizio.
Perché il secondo step porta al “dove lo compro”. Al super o dal panettiere che (soprattutto nelle città) trovo a pochi metri da casa? Portafogli alla mano non dovrebbero esserci dubbi. Al market costa meno e secondo un’analisi dell’associazione dei consumatori Altroconsumo, decisamente meno. Si passa dalle piccole variazioni di città come Roma, agli incrementi del 100% di Firenze. L’inchiesta risale al 2012, e quindi è suscettibile di qualche variazione, ma traccia una tendenza che è senza dubbio attualissima. Poi, altro discorso è la qualità. E su questa l’esperienza ci dice che dal panettiere il gusto ci guadagna. E non di poco.
Ma il punto è che non tutti i panettieri sono uguali. O meglio, i prezzi esposti sui banconi nei vari panifici delle città italiane sono talmente diversi da far pensare che non si stia parlando dello stesso prodotto. Coldiretti ci dice, per esempio, che a Napoli, il costo medio di un chilo di pane non supera l’euro e 91 centesimi, mentre a Venezia si arriva a poco meno del triplo, 4,86 euro. Si dirà, il costo della manodopera e dell’affitto di un locale al Nord è decisamente superiore. Spiegazione parziale che non giustifica, infatti, le differenze tra i 2,73 euro di Torino e i 4,21 di Bologna o i 3,68 euro di Milano che sembrano un’enormità rispetto ai 2,12 di Firenze.
 
I quartieri. Del resto anche all’interno della stessa città gli scarti sono consistenti e in alcuni casi poco spiegabili. Per dire, a Voghera, nella medesima area residenziale il prezzo oscilla tra i 2,90 e i 3,60 euro al chilo, mentre a Milano basta spostarsi di un paio di chilometri per trovare i 4,50 euro di Città Studi e i 6 euro di alcuni panifici in zona Porta Venezia.
Morale della favola: nel 2015 il consumo di pane degli italiani è sceso al minimo storico, circa 90 grammi a persona, cioè due fettine o due rosette piccole al giorno. E si tratta di un trend che va avanti senza soluzione di continuità dal 1980, quando ci attestavamo intorno ai 230 grammi a testa al giorno, per passare ai 197 del 1990, ai 180 del 2000, ai 120 del 2010 e ai 106 del 2012.
Si dirà, sono cambiati gli equilibri nutrizionali e con le diete moderne è impossibile eguagliare il record del 1861, quando ogni italiano ne consumava più di un chilo ogni 24 ore. Ma siamo sicuri che basterebbe svelare qualche segreto dell’eterno mistero del prezzo del pane per far invertire la tendenza.