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 2016  dicembre 07 Mercoledì calendario

L’amaca di Michele Serra

NON è la prima volta che “i mercati” vengono descritti, prima di un voto, “molto preoccupati”, e la loro preoccupazione viene usata come subdolo ricatto per lasciare intendere che o si vota come dicono loro oppure arriva l’apocalisse, con tanta gente sul lastrico e neanche più i soldi per la manutenzione del lastrico. Poi succede regolarmente (Brexit, Trump, oggi in Italia) che “i mercati” alzano appena un sopracciglio e poi continuano a fare serenamente gli affaracci loro. Evidentemente hanno buoni anticorpi, “i mercati”.
E dunque sarebbe intelligente, per il futuro, evitare queste grida, e per due ottime ragioni. La prima è che sono controproducenti: viene una gran voglia, quando “i mercati” o chi per loro suggeriscono come votare, di fare l’esatto contrario. Se c’è un momento nel quale mi è dispiaciuto votare Sì è quando mi hanno spiegato che “i mercati” avrebbero gradito. Il secondo motivo è perfino più importante: oltre che controproducenti, le illazioni sulle voglie politiche “dei mercati” sono al novanta per cento delle fesserie. Traducono una realtà complessa e frastagliata (esistono “i mercati”? Taiwan vuole le stesse cose di Wall Street e di Sidney? E la Borsa di Atlantide?) in uno slogan superficiale. O “i mercati” di qui in poi si pagano un portavoce ufficiale (possono permetterselo), o tutto quanto viene loro attribuito va considerato un’illazione o un falso.