ItaliaOggi, 6 dicembre 2016
Pure i ricchi lasciano la Francia
Erano esattamente 50 l’anno scorso. Ora sono 54. I super miliardari francesi, imprenditori o rentier, che hanno lasciato il paese e hanno trovato exil fiscal nell’accogliente Confederazione svizzera, come rivela secondo una tradizione editoriale ormai consolidata l’ultimo numero dell’anno (in edicola ieri) del mensile economico Bilan («la référence suisse de l’économie», come annuncia nel suo pay-off, insomma il Forbes elvetico) che pubblica la classifica dei «Les 300 plus riches de Suisse».
Il dato dei super ricchi francesi, su cui torneremo più avanti, non è solo una curiosità, un gossip finanziario, ma un indicatore significativo dell’irritazione fiscale di una quota non proprio marginale dell’upper-class francese, fatta di imprenditori, finanzieri, manager e uomini d’affari, che non è più disposta a sopportare il peso di un macigno tributario che, sommando aliquote marginali altissime e Isf, la famosa Impôt sur la fortune, una vera e propria patrimoniale, può arrivare fino al 75% del reddito.
E quindi decide di emigrare, di andarsene.
Non solo i miliardari come Alain-Dominique Perrin, ex presidente di Cartier e proprietario di Chateau straordinari (come il Légrezzette nella Valle del Rodano che risale al XVI secolo e vende vini altrettanto straordinari in tutto il mondo) o come l’ingegnere franco-marocchino Daniel Abittan che ha creato un impero nell’ottica e nella fotografia (con le catene Grand Optical e Photoservice, migliaia di negozi in tutta la Francia e fatturati a nove zeri), tanto per ricordare due dei quattro nuovi espatriati, ma anche les ménages, le famiglie con redditi appena superiori a 200 mila euro.
Un rapporto preparato dallo stesso ministero delle finanze e consegnato al parlamento solo qualche giorno fa conferma che nel 2014 (ultimo anno disponibile per le rilevazioni tributarie) più di 4 mila famiglie con redditi medio-alti (589 superavano i 400 mila euro) hanno lasciato la Francia il 10% in più rispetto al 2013. Ed è proprio quest’ultimo indicatore a preoccupare in aggiunta al fatto, come si legge nel cahier ministeriale, che «certaines grandes fortunes échappent à notre radar», che molte grandi fortune, quelle che si nascondono dietro mille schermi fiduciari, sfuggono alle rilevazioni e alle indagini degli ispettori di Bercy, sede del ministero.
Detto in altre parole, la classifica del mensile svizzero Bilan, con tutte le sue curiosità giornalistiche, riapre, come ogni anno, il tema dell’efficacia in termini economici di una macchina fiscale arrivata al massimo dei giri (la pressione al 75%) e che, forse, ha bisogno di un’energica revisione, come ha promesso di fare il candidato presidente François Fillon con un programma «meno tasse e meno spesa» (pubblica) che certamente infiammerà il confronto elettorale alle prossime presidenziali di aprile-maggio.
Nel frattempo, chi può se ne va (in Svizzera). Se n’è andato, per esempio, Jean-Pierre Valentini, l’ex patron della società di trading petrolifero Trafigura (la terza al mondo con 130 miliardi di transazioni censite da Forbes), Monsieur Afrique come veniva chiamato qui in Francia per i molteplici interessi (suoi e di Trafigura) nel Continente africano.
Se n’è andato Michel Venturini, lontane origini italiani, erede del fondatore della catena di mobili e arredamento But, la terza dopo Ikea e Conforama. E gli altri due citati prima, Perrin, ex patron di Cartier e tuttora presidente della Fondazione sostenuta dal colosso mondiale del lusso Richmont, e Abittan, il franco-marocchino che ha creato un impero commerciale nel settore dell’ottica e della fotografia.
Ma come se la passano, finanziariamente parlando, «les plus riches résidents français en Suisse»? Il dossier di Bilan ci dà qualche sommaria informazione. Il 2015 non è stata una grande annata per i francesi residenti nella Confederazione: uno dei miliardari più noti, Patrick Drahi, il tycoon delle tlc (Sfr) e dell’editoria (Libération e L’Express) ha perso un miliardo ed è sceso nella classifica.
Così come sono scesi, per perdite imprecisate, i due fratelli alsaziani Alain e Gérard Wertheimer, proprietari di Chanel (ereditata dal nonno Pierre, il primo finanziatore della mitica Coco). E infine Pierre Castel, il patriarca (novantenne) fondatore del terzo gruppo enologico mondiale con sede a Bordeaux dopo le americane Constellation e Gallo Wines. Anche lui ha perso ma ha preferito restare a Ginevra, a differenza del collega (miliardario) Daniel Hetcher, 78 anni, proprietario della omonima casa di moda, che ha preferito lasciare la Svizzera e riparare, per così dire, in Lussemburgo. Gli exils fiscals sono sempre più lontani.