Il Messaggero, 6 dicembre 2016
Carrozzone Cnel: adesso ci ridiano tutti i consiglieri `
ROMA Profilo basso. Bassissimo. Non esultare, evitare forme di giubilo, vietato brindare, annullati i trenini annunciati su Facebook. Dopo la vittoria del No i circa 60 inquilini di Villa Lubin possono tirare un sospiro di sollievo. «Ma il lavoro vero inizia adesso, siamo messi male, siamo pochissimi, ci hanno aggrediti», contiene a stento il suo risentimento Andrea Impronta, delegato Cgil e cerimoniere ufficiale, uno dei primi ieri ad arrivare in ufficio. In organico dal 1999, Impronta è uno dei sopravvissuti allo tsunami che insieme al vecchio Senato avrebbe dovuto spazzare via l’ente previsto dall’articolo 99 della Costituzione. «Siamo stati vilipesi. Non è stato bello sentire che le istituzioni più rappresentative del Paese ti schifano. Chi ci ripagherà di queste offese?».
VITTORIA DI PIRRO
Messo in salvo dal No, il Cnel rischia però di portare a casa una vittoria di Pirro. Dei 64 consiglieri ne sono rimasti in carica solo 24 che hanno rinunciato a rimborsi e indennità. Tutti gli altri si sono dimessi. Salvato l’ente, il problema è farne ora qualcosa di diversamente utile. L’idea è riportare il Consiglio alla sua dimensione originaria cambiando i criteri di nomina dei consiglieri e far rientrare alla base i dipendenti comandati. E ci vorrà almeno un anno per dare un nome ai nuovi rappresentanti del Parlamentino. Il Cnel è finito sulla scheda elettorale dopo essere stato eretto a madre di tutti gli sprechi. Un destino che pareva segnato. E i giorni precedenti al voto il cancello della villa, edificata nei primi anni del 900 nel cuore di Villa Borghese, è stato varcato da decine di giornalisti, persino da una troupe di Al Jazeera.
ENTE DIVERSAMENTE UTILE
Un fiore all’occhiello della nostra Costituzione. Un pensatoio, un collante tra mondo del lavoro, categorie produttive, governo e istituzioni. Ma con gli anni il Cnel era diventato un poltronificio. Un carrozzone lottizzato da partiti e sindacati, sottoposto a partire dal 2011 ad una drastica cura dimagrante ma svuotato delle sue funzioni principali. Dal gennaio del 2015 è iniziata la smobilitazione. Da qui le accuse, raddoppiate dopo l’inchiesta della Corte dei conti sulle cosiddette consulenze d’oro.Ed eccoci a ieri. Alla sobria reazione quasi ostentata dai dipendenti mentre si racconta di attese trepidanti nella lunga notte del referendum. Alla vigilia la tensione si toccava con mano. Quasi un senso intimo di pericolo. La vittoria del Sì avrebbe cancellato con un colpo di spugna il Cnel, e costretto 50 dipendenti e 4 dirigenti a trasferirsi alla Corte dei Conti o all’Avvocatura dello Stato. «Venerdì scorso – si sfoga un dipendente – sono passati qui sotto quelli di BastaunSi agitando le loro bandierine. Uno dei sindacalisti è sceso per parlare con Roberto Giachetti. Un episodio spiacevole».
CNELPARTY
I proclami di Cnelparty, pagina Facebook di satira social, non promettevano niente di buono: «La forza del No travolgerà le urne e noi ci faremo trovare in prima fila per festeggiare il mantenimento delle poltrone, dalle prime ore del giorno fino alle 17, con un buffet pantagruelico offerto da voi». Invece la festa, finito l’effetto-referendum, forse la faranno i dipendenti. «Dobbiamo cogliere questa occasione per riformare l’ente, cambiarne la governance, renderlo di nuovo utile», si dice pronto a ripartire il vice presidente Gian Paolo Gualaccini, nominato in rappresentanza del Terzo settore. Delio Napoleone, presidente del Cnel dal 30 luglio scorso, ieri non era in sede. «Mi ha colpito la facilità con cui una parte della politica e dell’informazione ha sottovalutato il nostro ruolo», dice riferendosi a Renzi che aveva ironizzato sul suo cognome. «È una storia che mi porto dietro e che mi ha sempre portato bene: a scuola mi interrogavano sull’imperatore dei francesi e me la cavavo benissimo». Il referendum non è stata la sua Waterloo.