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 2016  dicembre 06 Martedì calendario

Italicum, così la Consulta potrebbe spianare la strada al proporzionale

ROMA «Al voto al voto» si è sentito gridare subito dopo i risultati del referendum da Beppe Grillo e i suoi e anche dal leader leghista Salvini. I primi, in particolare, hanno invocato l’intoccabilità dell’Italicum per la legge elettorale con cui andare alle urne. Noncuranti che fino a una settimana fa, l’Italicum era la loro bestia nera, il «male assoluto che annienta la democrazia e uccide la Costituzione». La svolta in base alla considerazione, non detta, che il bipolarismo del sistema politico italiano su cui avevano fatto affidamento i creatori dell’Italicum era andato svanendo verso una configurazione tripolare giudicata vantaggiosa solo per il M5S. Altra considerazione – questa manifesta – che se si mettesse mano all’Italicum, «i partiti farebbero un anti-cinquestellum» ancor più contro l’M5S.
Fin qui i desiderata M5S. Ma a minacciare l’integrità dell’Italicum nella versione votata lo scorso luglio, potrebbe essere soprattutto – al di là dell’intenzione del Pd di metterci mano, come promesso prima del referendum – la stessa Corte Costituzionale. Ai giudici della Consulta hanno infatti fatto ricorso i tribunali di Messina, Torino, Perugia e Genova, accomunati dai dubbi di costituzionalità su vari aspetti della legge riguardanti l’entità del premio di maggioranza, l’assenza di una soglia per accedere all’eventuale ballottaggio e i capilista bloccati che ostacolano le preferenze per i candidati dei partiti minori.
RISUSCITATO
Questo il quadro prima del voto di domenica, ma la vittoria del No, che ha risuscitato il Senato che continuerà ad essere eletto direttamente dai cittadini, investe direttamente la principale caratteristica dell’Italicum come sistema pensato per una sola Camera da eleggere con metodo sostanzialmente maggioritario. La Consulta, quindi, che dovrebbe esaminare i ricorsi nei primissimi mesi del prossimo anno, sembrerebbe avere davanti una strada che porterebbe a una nuova legge elettorale di tipo proporzionale a turno unico. In base a due principali ragioni: l’opportunità di evitare il ballottaggio con i suoi eccessi maggioritari che tutte le forze politiche, ad eccezione del M5S, oggi rifiutano e che non entrerebbe nei loro progetti se decidessero di anticipare la stessa Consulta per la modifica della legge elettorale. Seconda ragione, la maggiore adattabilità della proporzionale alla legge attualmente in vigore per l’elezione del Senato, che è il Consultellum, cioè la normativa elettorale varata dalla Consulta, a fine 2014, dopo la epurazione dal Porcellum degli aspetti più in contrasto con la Costituzione della legge Calderoli.
D’altra parte, anche lo stesso Consultellum, un sistema puramente proporzionale con preferenza unica e due soglie di sbarramento: al 2% per i partiti coalizzati e al 4% per i non coalizzati, richiederebbe degli aggiustamenti. Da un lato, perché, in base a valutazioni recentissime, con l’attuale frammentazione partitica sarebbe difficile realizzare, anche attraverso le alleanze oggi possibili sulla carta, una qualsiasi solida maggioranza. Dall’altro, perché due Camere a funzione paritaria elette con sistemi elettorali così disomogenei come il Consultellum, per il Senato, e quanto resterà dell’Italicum dopo il giudizio della Corte Costituzionale, potrebbero produrre rappresentanze fortemente squilibrate tra loro, anche in considerazione che i corpi elettorali di Camera e Senato sono sensibilmente differenziati, dal momento che per Montecitorio si vota dai 18 anni mentre l’elettorato attivo per Palazzo Madama parte dai 25. La ricerca, quindi, di un’assimilazione dei due sistemi in senso proporzionalistico – sia pure con soglie di sbarramento moderate, a cui potrebbe aggiungersi un limitato premio di maggioranza per la lista o la coalizione vincente, non atto a garantire comunque la maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento, ma a costituire un aiuto per la stabilità della coalizione di governo – potrebbe rivelarsi la soluzione se non più idonea in assoluto, la più a portata di mano. O della Corte o del Parlamento, sia in funzione concorrente, sia in funzione alternativa, qualora i giudici della Consulta, in presenza di un’iniziativa parlamentare ancora tutta da vedere, decidano di lasciare, come di norma, la precedenza al Parlamento in tema di legislazione.