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 2016  dicembre 05 Lunedì calendario

Aerei, a bordo tutto è optional. Un tesoro che vale 60 miliardi

Viaggi in aereo del futuro (vaticina con gran fiuto del marketing Ryanair) potranno persino essere gratuiti. Il motivo? Semplice: gli incassi dalla vendita di biglietti sono ormai per le compagnie quasi una sinecura. E il nuovo Eldorado dei vettori, la macchina da soldi che ingrassa (per chi ne fa) i profitti, sono gli optional a pagamento. La giungla delle tariffe negli ultimi anni, ha subito una radicale metamorfosi. Fino a poco tempo fa una volta aperto il portafoglio e prenotato il volo, il gioco era fatto. Dopo il check-in, oltre il portellone d’ingresso, davanti ai passeggeri si apriva una sorta di mondo a cinque stelle e “tutto compreso” fatto di vizi e coccole totalmente gratuiti.
Una coppa di prosecco per stuzzicare l’appetito, pranzo, cena, copertina per la notte, cuffie per il film, giocattoli per tener buono il bebè. Oggi tutto è cambiato. L’unica certezza, una volta pagato il biglietto, è essersi conquistati un posto a sedere (in futuro forse nemmeno quello). Tutto il resto – o quasi – è sempre più spesso a pagamento: i bagagli in stiva, il sedile vicino al finestrino, il cambio di prenotazione, la posizione anti-obesi, il wi-fi, lo snack, qualche pollice in più per distendere le gambe e persino – il copyright è dell’americana United Airlines – un buco per il bagaglio a mano nella cappelliera. Questa valanga di micro-balzelli vale ormai un capitale: messi uno sugli altri sommano 60 miliardi di entrate aggiuntive l’anno per i conti delle aerolinee mondiali, arrivate ormai a un passo dal violare l’unico sancta-sanctorum ancora gratuito a bordo: la toilette.
La solita Ryanair ha ventilato l’ipotesi di far pagare un euro per ogni pit-stop al wc. Il Congresso Usa però, terrorizzato all’ipotesi del bagno a pagamento, ha alzato le barricate. E grazie a una mozione bipartisan stesa dal democratico Dan Lipinski ha sancito nella tavola delle leggi a stelle e strisce che i bagni a bordo devono rimanere gratuiti.
 
Il trio delle americane. Il fenomeno delle entrate ancillari – come gli esperti chiamano questi optional – è esploso negli ultimi anni e sta trasformando radicalmente il bilancio delle compagnie, sia quelle tradizionali che le low-cost, e la struttura tariffaria dei viaggi in aereo. I colossi americani sono i vettori che su questo fronte hanno fatto più strada. Il trend è ormai chiaro. Il prezzo base (che una volta includeva quasi tutto) dà diritto solo a un sedile standard. E – come naturale tende a essere molto più basso che in passato. Il resto va conquistato aprendo il portafoglio.
Le compagnie Usa, per dare un’idea, hanno venduto servizi aggiuntivi per 4,6 miliardi nel solo secondo trimestre di quest’anno, qualcosa come 51 milioni al giorno. United Arlines fattura ogni anno da sola oltre 6,2 miliardi a questa voce, di cui quasi 3 generati dalla carta di credito allegata al programma di fidelizzazione della compagnia. American e Delta seguono a ruota con 4,7 e 3,7 miliardi mentre Air France Klm guida la pattuglia europea fatturando 2,1 milioni di servizi accessori. Ryanair e Easyjet viaggiano a quota 1,7 (il 22% dei ricavi dell’aerolinea irlandese) e 1,4 miliardi.
Alcune aerolinee a basso costo contano su queste entrate per quasi metà del loro giro d’affari: per la Spirit Airlines valgono il 42,4%. Quasi il 20% arriva dai bagagli caricati in stiva, il 14% dalle tariffe telefoniche per le informazioni e il call center, il 4% dai posti pre-assegnati, l’8% dal resto degli optionals.
 
L’Odissea dei sedili. L’identikit delle entrate “ancillari” di bilancio è in rapidissima evoluzione anche per i big: la parte del leone la fanno le operazioni fatte con le carte di credito legate ai programmi di fedeltà di ogni singolo vettore. Ma solo sui bagagli da imbarcare in stiva, per dire, sono stati incassati 1,1 miliardi negli Usa nell’ultimo trimestre e 755 milioni sono arrivati dalle penali per i cambi di prenotazione.
I sedili a bordo, quando si tratta di stabilire quanto costano, sono molto diversi tra di loro. Il biglietto base, di solito, dà diritto (fateci caso quando prenotate il posto online) alle posizioni più scomode e strette in coda all’aereo. Dove lo spazio tra una seduta e un’altra si è ridotto dai 91,5 centimetri dell’85 ai 78 medi di oggi (71 nelle low-cost più estreme) a fronte di una larghezza scesa da 47 centimetri a 41. Per evitare la maledizione del sedile di mezzo quello dove si rischia di rimanere schiacciati da due compagni di viaggio sovrappeso o inquieti – bisogna pagare l’extra per finestrino e corridoio o per l’imbarco anticipato nelle compagnie che non assegnano i posti. I vettori hanno iniziato a chiedere soldi anche per le posizioni più larghe. Un affare che tira, tanto che la Delta, per dire, configura gli interni con il 16% di poltrone più distanti tra di loro.
La United sta iniziando a offrire biglietti sottocosto a chi sale a bordo senza utilizzare per i bagagli lo spazio nelle cappelliere e sotto i sedili. In pratica però è una tassa surrettizia sul bagaglio a mano, nata per scoraggiare gli intasamenti anti-economici che si formano nell’aereo quando non c’è più posto per sistemarli e per ridurre la pratica dell’imbarco in stiva al gate, altra pratica assai costosa.
Tra le new entry degli optional – oltre ai classicissimi come cibo e bevande – ci sono l’uso del wi-fi a bordo e le aste per l’upgrade del posto, una volta offerte gratuitamente ai clienti più fedeli. Oggi invece i posti liberi in prima o business vengono offerti ai passeggeri alla vigilia del decollo con una sorta di asta online. Chi paga di più se li aggiudica. E la società festeggia. Risultato finale: i prezzi dei biglietti aerei continua a calare (-25% quelli negli Usa dal 1995). Ma quelli per volare tutto compreso rischiano di essere molto più alti.
Le entrate ancillari, calcola la società di ricerca Oliver Wyman, generano ormai l’8% dei ricavi nei cieli statunitensi. Più del doppio del 3% di dieci anni fa e sono uno dei fattori determinanti per tenere in quota la redditività del settore.
 
L’opportunità digitale. La nuova frontiera per regalare un altro balzo in avanti al mondo degli optional in volo è quella offerta dalla rivoluzione digitale. Le App per il “mercato dei posti”, per esempio, hanno già iniziato a macinare utili: c’è quella che ci consente di partecipare all’asta per l’upgrading della classe, su cui il guadagno della compagnia è legato ai soldi in più pagati per stare più comodi. Ce n’è già un’altra – Seatfrog – che permette di cambiare di posto con un altro passeggero. Fondamentale ad esempio per tenere vicino tra di loro le famiglie, costrette a estenuanti mercanteggiamenti con i vicini per non sparpagliarsi in cabina.
In questo caso le due controparti – i viaggiatori – decidono chi e quanto si deve pagare tra di loro. E il vettore, che garantisce la piattaforma per dialogare in modo virtuale, incamera una commissione del 15% sul valore della transazione. Si tratta di pochi euro, a volte pochi centesimi. Ma che messi l’uno sull’altro in migliaia di micro- operazioni possono cambiare volto ai conti di una compagnia.
Il futuro potenziale è quello un po’ da fanta-aeronautica, prospettato dalla Ryanair: far viaggiare i passeggeri gratis pur di farli salire a bordo. Per poi spremere il loro portafoglio con i servizi supplementari che bene o male tutti alla fine ci concediamo. E chiedendo una tassa – come vuole fare la società irlandese – ai duty-free e ai ristoranti degli aeroporti che in fondo campano sul servizio di trasporto a domicilio dei clienti effettuato per conto loro dalle aerolinee. Volare, insomma, costerà sempre di meno. Viaggiare, per chi non resiste alle tentazioni degli optional, un po’ di più.