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 2016  dicembre 03 Sabato calendario

E Philippe Starck creò l’essenza dell’essere

Essere «in nessun posto e contemporaneamente ovunque». È una questione di filosofia, tra memoria e proiezione, quella che ha portato Philippe Starck alla creazione di una sua linea di profumi. Memoria per l’infanzia trascorsa nella profumeria della madre. Proiezione verso la conquista, o cattura che dir si voglia, dell’immateriale, che nelle sue tante accezioni è una vera ossessione dell’archistar si pensi anche ai divani Privè, accessoriati con legami per relazioni di coppia che alla materia dell’arredo aggiungevano immateriali sensualità – e, soprattutto, è la nuova frontiera del design, ormai liberatosi dall’abitudine alla forma, abitualmente intesa, per entrare nel disegno delle dinamiche sociali. E, nel caso di Starck, pure di comprensione di sé e dell’Altro.
SENSI
Sì perché le sue fragranze, Peau de Soie, Peau de Pierre e Peau d’Ailleurs, nate dalla collaborazione con tre nasi di fama internazionale, Daphné Bugey, Annick Ménardo e Dominique Ropio, vogliono essere trascrizioni olfattive delle essenze dell’uomo e della donna, e della persona tra uomo e donna. O, forse, a ben sentire, di identità formale, sociale e intima. O ancora, passato della forma che era pure formalità, presente di frattura, futuro di una rivoluzione creativa tutta scrivere. E respirare. Tutti diversi, tutti complementari, perché, dice Starck, «indossare un profumo è creare un proprio territorio». E tutti capaci di definire, senza circoscriverla e quindi limitarla, la suggestione come sintesi di fascino, che sia per persone o, da designer, oggetti.
Peau de Soie racconta la donna. «Sono un uomo appassionato delle donne, in particolare mia moglie. So che non le capirò mai e che tra l’uomo e la bellezza delle donne c’è uno spazio indefinito e paradossale in cui, per trovarsi, entrambi devono rinunciare rispettivamente a un poco di mascolinità e femminilità». Peau de Pierre è l’essenza dell’uomo. «Sono un uomo orgoglioso del suo lato femminile. Attribuisco ad esso le mie maggiori qualità». Infine, Peau d’Ailleurs. «Volevo un profumo che non si potesse ricordare perché inesistente».
PERSONALITÀ
Starck non è certo il primo, tra archistar e designer, a occuparsi di fragranze. Sono state diverse le personalità di entrambi i settori che, negli ultimi anni, hanno mosso i loro passi nel beauty. A precederlo nell’operazione di design dell’essenza è stata Andrée Putman, che dopo una prima fragranza nel 2001, l’anno scorso ha presentato la sua prima collezione di profumi, facendone brand – Préparation Parfumée Andrée Putman – con ben sei profumazioni, che da quelle più terrene, come Magnolys e Tan d’Epices rispettivamente basate su magnolia e spezie, si spingono fino a visioni ideali come Formidable man, dedicata al padre della designer, e Un peu d’amour, fragranza del sentimento. I più, però, si sono fermati alla forma del profumo. L’archistar Zaha Hadid ha firmato una bottiglia dalle linee avveniristiche, evidentemente architettoniche ma concettualmente fluide, per Donna Karan. Rimasta legata alla materia del vetro, la Hadid aveva comunque proiettato la sua visione all’immateriale, usando la struttura, come raccontava, per «esaminare la sensualità e l’infinito». L’immateriale appunto.
FLACONI
Altra archistar, altra bottiglia. Il francese Jean Nouvel ha realizzato l’edizione limitata di L’Homme di Yves Saint Laurent, mini-architettura che, nei volumi e non nelle note olfattive, cerca di raggiungere il cuore della mascolinità, nell’incontro tra virilità delle linee e fragilità del piccolo galleggiante in bottiglia. Paolo Pininfarina ha disegnato l’ampolla di Homme di Guerlain. Il britannico Paul Smith si è ispirato alle pagine di un libro per citare la sua passione per la lettura. Il flacone di Dark Saphir di Agonist è griffato Kosta Boda. Non è su un profumo ma comunque su un prodotto di bellezza, Ultra Facial Cream, la firma di Stefano Seletti per Kiehl’s. E la storia continua e si spinge oltre. Kiko ha chiamato per ben due volte l’architetto giapponese Kengo Kuma a realizzare i suoi store e al designer britannico Ross Lovegrove ha affidato la creazione di una capsule collection. Architettura e design hanno scelto un nuovo materiale per costruire visioni: la pelle.