Il Messaggero , 3 dicembre 2016
La parabola di D’Ausilio, astro nascente del Pd che fu
Nella campagna elettorale del 2013, quando era ancora uno degli astri nascenti del Pd romano, diceva di volersi impegnare «per la salvaguardia del verde». Per una strana nemesi politico-giudiziaria Francesco D’Ausilio, quarantenne rampante di Ostia che ha scalato le gerarchie del Campidoglio fino a diventare il capogruppo dem nella maggioranza di Ignazio Marino, ha dovuto rinunciare alla sua carriera politica proprio con l’accusa di avere «facilitato» le coop di Buzzi nelle gare del dipartimento Ambiente. Anche lui figurina ormai sbiadita – insieme ai vari Mirko Coratti, Daniele Ozzimo – di quel sistema Pd spazzato via dall’inchiesta sul Mondo di mezzo.
Chi lo avrebbe detto, prima delle indagini, quando da giovanissimo coordinatore della segreteria regionale del Partito democratico, sodale del desaparecido Lionello Cosentino, riuscì a fare il grande salto in consiglio comunale (trascinato da 4.161 preferenze), e infine ad agguantare la nomina a presidente del gruppo del Pd in Assemblea capitolina. Tanto potente e ascoltato da diventare quasi subito, insieme al presidente dell’Aula Coratti, il principale contrappeso delle vecchie correnti dem al potere del marziano Ignazio Marino.
LE DOPPIE DIMISSIONI
Le prime incrinature, nella sua ascesa a Palazzo Senatorio, sono arrivate appena prima del ciclone giudiziario. Ottobre 2014: D’Ausilio è costretto a dimettersi da capogruppo, accusato di avere diffuso un sondaggio choc sul gradimento (a picco) del sindaco. Resta però in Consiglio comunale, fino a quando inizia a trapelare il suo coinvolgimento nell’inchiesta. Prima si «auto-sospende» dal partito, poi lascia il seggio, a ottobre del 2015. «Ora mi auguro – diceva all’epoca – che torni il sereno».