Il Messaggero, 5 dicembre 2016
Preti pedofili, le accuse erano calunnie
La sentenza. Un rancore impossibile da colmare, l’aveva reso artefice di un «sordido complotto», scriveva il gip all’epoca del suo arresto. Lo stesso risentimento gli costa ora una pesante condanna. Patrizio Poggi, ex prete, aveva denunciato un giro di prostituzione minorile all’interno della Curia romana, arrivando a minacciare addirittura il Papa. Erano tutte menzogne: un piano escogitato per vendicarsi della sua espulsione a causa di vicende – provate – di pedofilia. Finito prima in manette e poi sul banco degli imputati, Poggi è stato condannato per calunnia aggravata e continuata. Su richiesta del procuratore aggiunto Maria Monteleone, dovrà scontare 6 anni e 11 mesi di reclusione. Dovrà anche pagare una provvisionale immediatamente esecutiva nei confronti dei prelati diffamati, pari a cinquemila euro per ogni parte civile.
Il reclutamento. La menzogna dell’ex sacerdote risale al 2013, quando Poggi, condannato a 5 anni per pedofilia per fatti degli anni 90, si era rivolto ai carabinieri. Aveva raccontato a verbale che esisteva «un’organizzazione criminale dedita a reclutare ragazzi, anche minorenni, per farli prostituire» con esponenti del clero romano. Aveva fatto i nomi di nove prelati coinvolti, a suo dire, nel giro. In Procura era subito scattata un’inchiesta, affidata ai militari del Nucleo investigativo. In giugno, Poggi era finito in manette per calunnia. Gli accertamenti, scriveva il gip Aldo Morgigni nell’ordinanza di custodia cautelare, avevano infatti «dimostrato come l’indagato avesse concepito e attuato un piano calunnioso, prospettando circostanze non veritiere o, comunque, basate su mere dicerie». L’ex prete era «animato da risentimento per motivazioni personali nei confronti di alcuni dei prelati da lui accusati di fruire di prestazioni omosessuali a pagamento con minorenni». Lo scopo dell’imputato era «destare uno scandalo con risonanza potenzialmente mondiale per il coinvolgimento anche dei più stretti collaboratori della Curia romana e, indirettamente, del Sommo Pontefice, chiamato a valutare le pressanti richieste del Poggi che non esitava a manifestare sostanziali propositi estorsivi nei confronti del Papa, pur di ottenere la restituzione allo stato clericale», si legge negli atti. Intercettato, l’imputato aveva detto di essere pronto ad assoldare dei killer per sbarazzarsi dei suoi nemici. Per gli inquirenti, infatti, Poggi nutriva un odio talmente forte verso i sacerdoti «accusati di averlo incastrato nella vicenda giudiziaria in cui fu coinvolto», da arrivare ad affermare che, se avesse avuto abbastanza denaro, li avrebbe «fatti uccidere e non avrebbero saputo neanche perché».