Corriere della Sera, 30 novembre 2016
Multinazionali italiane, a sorpresa salgono le controllate all’estero
Le multinazionali italiane, le tante tascabili e le poche di taglia più grande, stanno proseguendo a buon ritmo nel processo di internazionalizzazione attiva. Lo sostiene l’Istat che ha pubblicato ieri un report sulla struttura e la competitività delle imprese multinazionali. Ebbene nel 2014 è aumentato di 384 unità il numero delle società all’estero controllate da gruppi tricolore, nel biennio 2015-16 il 62,4% delle principali multinazionali industriali ha realizzato o programmato nuovi investimenti di controllo estero scommettendo quindi sulla crescita.
È la prima fascia dell’Unione europea – quella a 15 Paesi – la destinazione prevalente dei nuovi impegni sia nell’industria sia nei servizi, mentre il singolo Paese preferito sono gli Usa seguito, per l’industria, da Romania e Cina e per i servizi da Germania e Brasile. La motivazione largamente prevalente delle scelte espansioniste dei nostri imprenditori è l’accesso a nuovi e promettenti mercati, giudicata «molto importante» dall’82,2% mentre il costo del lavoro ormai lo è solo per il 12,3% del campione. Un dato che fa riflettere anche perché in un recente passato sono state fatte anche significative scelte di delocalizzazione (per abbassare i costi) soprattutto in alcuni settori come il tessile-abbigliamento e la fabbricazione della pelle che infatti oggi re-importano in Italia rispettivamente il 46,2% e il 41,7% della loro produzione estera.
Dall’Istat dunque viene una conferma della vitalità delle multinazionali italiane, di quelle che siamo abituati a considerare delle «lepri» ed è quindi errata la percezione di una colonizzazione totalmente a senso unico, con sole aziende italiane che passano in mano a investitori esteri più ricchi e più motivati. Nel 2014 erano 13.569 le imprese a controllo estero in Italia, poco più della metà delle controllate italiane all’estero (22.388). La dimensione media delle controllate italiane all’estero è consistente (più di 80 addetti) specie se paragonata con la taglia small delle nostre Pmi e complessivamente fuori dalla frontiera italiana lavorano alla dipendenze dei nostri gruppi ben 1,6 milioni di addetti. È la conferma di una graduale ma continua apertura della nostra economia che in un ambiente di scambi reciproci di investimenti diretti trova il suo habitat pressoché naturale, anche se passano di mano con una certa regolarità storici brand del made in Italy.
I dati di ieri servono comunque pure a misurare l’incidenza delle multinazionali straniere in Italia, anch’essa in aumento (+ 404 società controllate in un anno, dal 2014 al 2013). Gli investitori maggiormente presenti hanno il passaporto dell’Unione europea ma gli Stati Uniti sono il singolo Paese con il più elevato numero di addetti a controllo estero in Italia (276 mila contro un totale di 1,2 milioni). Ultima annotazione, non del tutto secondaria, le multinazionali contribuiscono complessivamente per oltre un quarto all’export nazionale di merci.