Libero, 27 novembre 2016
Migliaia di case sul mercato: prezzi ko
Nel 2017 arriverà la tempesta perfetta per il mercato immobiliare italiano? Il timore c’è, ed è concreto. E ad avvalorare la tesi dei “gufi” concorre pure qualche indizio che fa tremare banche, fondi immobiliari e piccoli investitori. Un concorso di cause farebbe da innesco. Fin ad ora le banche hanno tenuto alte le quotazioni immobiliari, proprio per non svalutare investimenti e linee di credito concesse negli anni della vacche grasse. I palazzinari prendevano a prestito milioni (miliardi, complessivamente), per tirare città a debito. Mettendo a garanzia gli stessi palazzi come se fossero già belli e venduti. Le banche iscrivevano a bilancio scheletri di palazzi come se fossero residenze nobiliari in centro storico. Il giochino funzionava fintanto che gli scheletri spacchettati in appartamenti venivano frammentati in piccoli mutui che risparmiatori e piccoli investitori acquistavano.
Ma quando gli italiani hanno smesso di acquistare compulsivamente, le banche si sono trovate sul groppone circa 40 miliardi di Npl immobiliari (su un totale di 200 miliardi di non performing loans in pancia al sistema bancario italiano). E, più recentemente, anche una grandinata di spezzature minori su mutui erogati ma non pagati (case pignorate).
Temporeggiando con Bruxelles e Francoforte le banche hanno retto. Fino ad ora. Adesso, però, queste garanzie immobiliare vanno tramutate in cash. E qui sorge il problema: il mattone con la tassazione che da Mario Monti in poi è decollata non è più considerato quel bene rifugio inossidabile. Troppe tasse, troppi controlli, troppi impicci. Morale, si è fatta avanti una disaffezione latente. E una prudenza evidente: perché comprare oggi se temporeggiando si possono strappare sconti crescenti?
Come se non bastasse le 20 casse previdenziali dei professionisti (73 miliardi di patrimonio), hanno cominciato a vendere appartamenti e interi palazzi ad uso residenziale. Gli enti previdenziali (notai, avvocati, giornalisti, commercianti, medici), hanno bisogno di realizzare. Un po’ la crisi, che ha ridotto la platea contributiva e incentivato i prepensionamenti, un po’ la “maturazione anagrafica” del singolo comparto, sta di fatto che servono quattrini, e servono a stretto giro, per pagare le pensioni o solo per puntellare i conti ed evitare, in proiezione, di andare a finire sotto commissariamento e venire inglobati nell’Inps (gestioni speciali).
Secondo la norma approvata l’anno passato dal Tesoro nei prossimi 5/10 anni gli enti previdenziali privati devono portare sotto al 20% il patrimonio immobiliare residenziale. Possono convertire i profitti e sterzare l’investimento in uffici e strumentali, ma devono vendere le case. Punto.
Secondo stime di categoria potrebbero piovere sul mercato (soprattutto tra Milano e Roma), ben 6mila alloggi per quasi 2 miliardi. Una massa tale da saturare la richiesta e, ovviamente, far abbassare i prezzi. Infatti alcuni enti che non superano la fatidica soglia del 20% di residenziale stanno anch’essi vendendo per fare cassa e monetizzare subito. Ai prezzi di carico storici pur in un mercato che non è più quello del 2008 si tratta comunque di un buon rendimento e visti i tempi non è poco. Per il 48% questi immobili da vendere si trovano a Roma, e gli enti praticano sconti media agli attuali inquilini dal 20% al 30%. Salvo condizioni di miglior favore per chi dovesse acquistare l’intero lotto (condominio venduto a cooperative di residenti). Una cosa è certa: se sempre nel 2017 dovesse arrivare anche la riforma catastale (che prudentemente si è finora tenuta nel cassetto per timore di contraccolpi politici/elettorali, nonostante le richieste di Bruxelles), sarebbe inevitabile assistere ad un rialzo degli estimi e della tassazione. E ce ne sarebbe abbastanza per far deflagrare la bolla immobiliare.