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 2016  novembre 29 Martedì calendario

Il ragionamento del Financial Times è questo: il sistema bancario italiano ha bisogno di quattromila miliardi; nel mondo esiste qualcuno che non sarebbe contrario a mettere questi quattromila miliardi nelle casse delle banche italiane (diciamo “qualcuno” intendendo naturalmente più di un investitore)

Il ragionamento del Financial Times è questo: il sistema bancario italiano ha bisogno di quattromila miliardi; nel mondo esiste qualcuno che non sarebbe contrario a mettere questi quattromila miliardi nelle casse delle banche italiane (diciamo “qualcuno” intendendo naturalmente più di un investitore). Come tutti coloro che accettano di sottoscrivere un aumento di capitale, questi qualcuno desiderano che l’impresa finanziata viva in un contesto stabile, tranquillo, sicuro, capace soprattutto di attirare in futuro altri investimenti e di crescere. La vittoria del No farà invece cadere il governo e aprirà una stagione di estrema incertezza. I qualcuno, in questo caso, metteranno i soldi quando avranno capito bene che ne sarà di noi. Nel frattempo - dice il Ft - otto banche saranno fallite. Sappiamo di quali banche si tratta: Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Cassa di Risparmio di Genova (Carige), Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Chieti, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara.

Etruria, Chieti, Marche e Ferrara non erano le famose quattro banche salvate sulla pelle dei correntisti che avevano acquistato le azioni subordinate?
Evidentemente il Financial Times considera quel primo salvataggio ancora precario. Evidentemente il Financial Times è sicuro che le famose quattro banche abbiano bisogno di altri soldi. Le aggiungo: purtroppo il Financial Times ha ragione. Ha ragione pure su Veneto Banca e Popolare di Vicenza, salvate ma per niente messe in sicurezza. Per acquistarle e risanarle si offrono prezzi che il sistema italiano giudica da strozzinaggio. Del resto queste banche, con l’appoggio e anzi la spinta dei politici, hanno strozzinato e truffato per un bel pezzo, e i malversatori, cominciando dal famoso Zonin, girano liberi e pasciuti, e si sono resi nel frattempo nullatenenti in modo che la magistratura non gli possa (eventualmente) fare più di tanto. Le nostre leggi consentono ai ladri, purché grandi, di farsi belli e non avere fastidi. C’è poi il caso Mps, tutto ascrivibile alla parte del Pd che discende dai Democratici di sinistra, cioè agli eredi del Pci. Bersani tuona che è tutta roba dei compagni locali, ed è ovvio che ha politicamente torto. Mps cerca cinque miliardi e ha messo i poveretti che hanno comprato le sue azioni subordinate di fronte a questo dilemma: accettare di convertire le azioni subordinate ingenuamente comprate a suo tempo in nuove azioni ordinarie e scommettere quindi sul futuro della banca. Oppure non accettare il cambio e rassegnarsi alla sorte di tutti quelli che hanno comprato le subordinate, cioè il bail-in, cioè perdere tutto quando la banca sarà andata a remengo.  

Ieri in Borsa Mps ha perso il 13%.
Già. Sono scese tutte le Borse europee, Londra -0,6, Parigi -0,88, Francoforte -1,09 e Milano, la peggiore di tutte, -1,81. Gli analisti attribuiscono questo calo al referendum italiano di domenica prossima, assecondando una sequenza logica di micidiale semplicità. Vince il No, Renzi cade, l’Italia va a remengo e va a remengo di conseguenza pure l’Europa, essendo il nostro Paese too big to fail
, «troppo grande per fallire», che nel nostro caso va inteso così: non può fallire senza che le conseguenze siano catastrofiche. Nonostante questo, ieri il Tesoro ha collocato senza problemi i sei miliardi di Bot a sei mesi, con tassi ancora negativi, pur se in lieve crescita. È possibile che le profezie siano tutte esagerate.  

Mi domando: può un giornale come il Financial Times, alla vigilia di un voto decisivo come quello di domenica, pubblicare un articolo simile, con ciò appoggiando implicitamente il Sì e disseminando il terrore sui mercati?
Si chiama, ahilei, libertà di stampa, e coincide con la mia idea - del tutto minoritaria - di libertà di stampa. Che è tale solo se, mentre è veritiera, è anche irresponsabile, vale a dire se non si cura delle conseguenze di quello che rivela. Tale principio, che può essere costoso sul breve ma grandemente redditizio sul lungo periodo (e altamente garante di democrazia), è negoziabile o addirittura negabile solo in caso di guerra. Il Financial Times crede, dati alla mano, che la vittoria del No porterà alla catastrofe? Fa bene a scriverlo. D’altra parte, i sostenitori del Sì gridano tutti i giorni che la vittoria del No non porterà nessuna conseguenza negativa, anzi che vincendo il No saremo più felici di prima.  

A che livello potrebbe salire lo spread se vincerà il No?
No, lì c’è la garanzia di Mario Draghi, intenzionato a bloccare, comprando, i venditori «qualunque cosa succeda». Abn Amro scrive, ragionevolmente, che vincendo il Sì, resterebbe in piedi l’Italicum e Grillo, vincendo il ballottaggio, prenderebbe il potere nel 2018. Quindi anche il Sì potrebbe dar luogo a parecchie vendite.  

Che cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi giorni?
Approvazione da parte della Camera della legge di Bilancio. Vertice dell’Opec a Vienna sui tagli alla produzione del petrolio in modo da far salire il prezzo. Su questo sono pessimista, la Libia ha già fatto sapere che non è in condizioni di accettare nessun taglio. Il petrolio gira adesso intorno a 47 dollari, un disastro per i produttori, Russia in testa. Oggi, per noi, c’è l’asta dei Btp a 5 e a 10 anni. Speriamo che vada bene come quella di ieri.