Robinson, 27 novembre 2016
Lloyd Wright e una mitica scrivania
Nel dicembre del 2013, a New York, Sotheby’s mise all’asta un reperto del design americano anni Trenta: il 617 Johnson Wax Desk, cioè una delle decine di scrivanie tutte uguali, che si erano estese come un formicaio nell’immenso open space della S.C. Johnson, a Racine nel Wisconsin. La rarità di quel mobile era assicurata dalla poltroncina annessa, il modello a tre gambe, che negli uffici era stato subito sostituito da uno a quattro, dopo l’ennesima scivolata per terra delle impiegate. La base d’asta di tre anni fa era forse esagerata, tra 460mila e 720mila dollari, ma la vendita fu sospesa su denuncia della S.C. Johnson, che si riteneva la sola proprietaria di ogni 617 Desk emigrato misteriosamente dalla sede. Un anno dopo, non si sa con quale accordo, l’azienda si riprese il suo desk. Eppure in giro di queste scrivanie ce ne sono ancora, molto amate perché di massima praticità. Non risalgono al triennio americano 1936-1939 ma, perfettamente identiche, al 1992 e oltre: le ha prodotte per alcuni anni Cassina nella Collezione “I Maestri”, e nel suo archivio storico ne ha un esemplare; probabilmente ce ne sono ancora in vendita nel mercato anche online del cosiddetto modernariato. Questo amabile e festoso desk l’aveva disegnato l’architetto (senza laurea) Frank Lloyd Wright, per l’azienda che invadeva (e invade) il mondo con i suoi prodotti da bagno per grandi e piccini: era suo anche il progetto avveniristico del Grande Ufficio, un’immensa cattedrale da Odissea nello Spazio, sostenuta da otto stravaganti altissime colonne sottili e a fungo, tra cui dilagavano i Desk 617. La fama di Frank Lloyd Wright dalla lunga vita (1867-1959) è legata alla sua precoce idea dell’abitare nella natura, alle sue “case della prateria”, ai suoi 532 progetti realizzati, tra cui la celebre “Fallingwater”, l’incantevole villa costruita su una cascata, a certi suoi arredamenti gotico-Bauhaus. Si era guastato la vita a causa del suo fascino, che rendeva irragionevoli le donne soprattutto se sposate. Ai tempi del lavoro per la Johnson Wax aveva settant’anni ed era nervosamente parcheggiato con la terza e definitiva moglie, una russa dedita alla danza sacra, di cui aveva adottato la figlia e con cui ne aveva avuto una sua: con la prima moglie ne aveva sei. L’aveva abbandonata per una signora con cui era andato a convivere a Taliesin, la comunità di lavoro e studio da lui creata. Una fatale tragedia lo scosse ma non troppo: nell’agosto del 1914, un inserviente diede fuoco al villaggio e fece fuori sette persone, tra cui la compagna e i suoi due piccini, come si dice, di primo letto. Ci sarebbe stata presto una seconda moglie, morfinomane, e poi la terza, pare una virago, definitiva.