la Repubblica, 27 novembre 2016
Dove porterà la guerra degli sciiti
Mentre all’orizzonte si addensano le nubi sospinte dal minaccioso vento della vittoria di Trump, a Teheran e nella Beirut degli Hezbollah (“Partito di Dio”) libanesi, entrambi di fede musulmana sciita, si fanno i conti con le rilevanti perdite subite nel conflitto siriano. Secondo la Fondazione dei Martiri di Hezbollah, che ha il compito istituzionale di dare sostegno finanziario alle famiglie dei caduti, sono più di mille i soldati iraniani periti in battaglia. Numero che squarcia il velo su una verità sin qui occultata riguardo ai combattenti sciiti uccisi nella guerra in Siria: il bilancio ufficiale era, infatti, di quattrocento morti. Metà dei quali nelle fila dei “volontari” stranieri: afghani di etnia hazara, insieme agli sciiti pachistani. Componenti di quella sorta di internazionale la cui costituzione ha un duplice fine: quello, molto pragmatico, di limitare le perdite iraniane, e quello, politico e religioso, di mostrare come anche l’universo sciita, spesso opposto a quello sunnita, possa assumere una dimensione panislamista combattente quando i suoi valori siano minacciati. Ufficialmente, infatti, l’intervento iraniano in Siria è motivato dalla necessità di proteggere i luoghi santi, come la moschea di Sayyida Zeinab nei pressi di Damasco e altri mausolei cari ai “seguaci di Alì”, più che i propri interessi nazionali. Funzione sovrapponibile nel momento in cui l’Iran agisce come potenza confessionale protettrice. Perdite consistenti che accomunano anche Hezbollah, l’altra forza sciita che ha messo gli “scarponi sul terreno” per evitare la caduta del regime dell’alawita (una “setta” sciita) Assad e il trionfo degli jihadisti radicali sunniti. Sono circa 1600 i membri del “Partito di Dio” uccisi. Un bilancio aggravato dal numero di feriti, superiore a 5000. Questa macabra contabilità solleva una serie di problemi politici in campo sciita. Innanzitutto a Teheran, dove l’annunciato disimpegno terrestre del Cremlino carica ulteriormente sull’Iran il peso militare del conflitto. In un quadro geopolitico che potrebbe presto mutare per l’avvento dei falchi nelle posizioni chiave della nuova amministrazione americana, le diverse fazioni di sistema sono divise, più che sulla necessità dell’intervento, sulle prospettive per il dopo. Ovviamente il ruolo giocato nel conflitto siriano dai Pasdaran, rafforza il peso dei “militari” negli equilibri interni. Difficile, dopo tanto sangue versato, compreso quello di decine di alti ufficiali, che i Guardiani della Rivoluzione rinuncino a far pesare la loro influenza sulle scelte future. Quanto al libanese Hezbollah, la partecipazione al conflitto muta il suo ruolo, all’interno e all’esterno del Paese dei Cedri. L’aver preso le armi contro forze arabe sunnite, dopo essere stato in passato il campione della “resistenza a Israele” e aver riscosso, per questo, simpatie anche in campo sunnita, lo caratterizza decisamente come forza confessionale sciita legata a una potenza esterna come l’Iran. Ruolo che ne riduce i margini di manovra in un magmatico contenitore multiconfessionale come il Libano. Anche se, il movimento guidato da Nasrallah ha un evidente interesse nel salvaguardare il regime di Assad: impedire che la Siria sia guidata da forze sunnite ostili capaci di spezzare quell’arco sciita che va da Teheran a Beirut passando, appunto, per Damasco. Una guerra, quella in Siria, che ha costi rilevanti per le milizie dallo stendardo giallo. Costi economici, dal momento che sostenere un’armata in quel paese, e anche le famiglie dei suoi caduti, è assai gravoso. Costi politici, poiché l’impegno in Siria non è gradito da tutta la popolazione sciita: non a caso le recenti proteste contro la difficile situazione economica e sociale hanno assunto caratteri transcomunitario. Oneri che, prevedibilmente, la formazione del suo leader Nasrallah vorrà ammortizzare rivendicando un ruolo rilevante sia nelle decisioni riguardanti il futuro della Siria, sia gli equilibri libanesi. Come sempre, la guerra muta gli scenari precedenti. Nel conflitto Hezbollah ha assunto un profilo più marcatamente militare, di forza capace di combattere su un fronte vasto e destinato a pesare nella regione. Allo stesso tempo, la sua vocazione islamonazionalista si oscura a favore di quella confessionale. Profili entrambi destinati a far aumentare le ostilità nei suoi confronti.