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 2016  novembre 27 Domenica calendario

Serie, film e show pronto il sorpasso della tv fai-da-te

«Guardare la serie tv o il film preferito quando si vuole e su qualsiasi schermo. Ecco il modello che sta vincendo. Il sorpasso sul palinsesto tradizionale in Italia è vicino e nel 2020 sarà un fatto in tutto il mondo». Aurelio Severino, direttore della divisione Tv & Media di Ericsson, racconta così la svolta. Una svolta certificata nell’ultimo rapporto sulla fruizione dei video, fra conferme e sorprese come il calo dello share di YouTube. Per le reti della multinazionali svedese passa il 40 per cento del traffico mobile del pianeta: due miliardi e mezzo di utenti. Ma l’analisi sulla tv parte da un campione rappresentativo più ristretto, “appena” un miliardo e 100 milioni di persone con 26 milioni di italiani dai 16 ai 69 anni.
«Le generazioni più giovani sono già passate all’on demand, attraverso lo schermo dello smartphone», continua Severino. «Quel che mi ha colpito? Mai come quest’anno abbiamo notato un’attitudine diversa non solo per fasce di età: c’è chi guarda solo su mobile, chi usa i servizi streaming, chi guarda la tv tradizionale e chi passa dall’uno all’altra. Per restare rilevanti i network devono raggiungere tutti. Non è un’operazione semplice».
Il modello Netflix è diventato patrimonio comune: abbonamento mensile, app universale, catalogo più o meno vasto e tante produzioni originali. Ma quel che più conta è che le differenze fra colossi del Web e network cominciano ad esser sfumate. Mentre si attende l’arrivo in Italia di Amazon Prime Video nel giro di poche settimane – simile a Netflix, ma negli Usa sta trattando i diritti per trasmettere perfino lo sport – l’altro ieri Sky ha cominciato ad usare un sistema per personalizzare le pubblicità. Se abiti in una certa città, AdSmart sceglie réclame diverse rispetto a chi abita altrove. Metodo Google, che lo fa dal 2009. Netflix invece, frequentata dal 17 per cento del popolo dell’on demand (primo dato sull’Italia a un anno dal suo arrivo), ha preso a pubblicare gli episodi di alcune serie una volta alla settimana, alla vecchia maniera. YouTube? Si è messa anche lei a produrre serie e da questa estate ha stretto accordi fra gli altri con Lionsgate. Forse perché oltre i teenager non riesce ad andare. Anzi, la sua fetta di mercato cala da noi. E intanto nel 2016, su scala mondiale, il 20 per cento di chi guarda la tv su smartphone ha cominciato ad usare servizi a pagamento. Non era mai successo prima. Si vede che il telefonino non è solo il regno di youtuber come Favij e dei Live di Facebook.
«In dieci anni tutta la tv verrà distribuita attraverso Internet. Il duello non sarà più fra il “nuovo” venuto dal Web e i colossi della “vecchia” televisione», commenta Andrea Rangone del Politecnico di Milano, per anni a capo del l’osservatorio Internet Media, «ma fra chi ha i contenuti migliori, serie tv in primis, per i quali noi telespettatori siamo disposti a pagare, e chi invece continuerà a trasmette gratuitamente contando solo sulla pubblicità». Che oggi è in mano ai network tradizionali: 186 miliardi di dollari contro i 17 miliardi dei video online stile YouTube. Insomma, se musica e stampa sono stati fagocitati da Silicon Valley, qui la partita è aperta. E per competere bisogna avere i cosiddetti contenuti “premium”, poco importa che si chiamino Il trono di spade o in altro modo. «La domanda del secolo? Chi alla fine prevarrà», conclude Rangone. Su una cosa però non ci sono dubbi: l’offerta sta già lievitando e noi guardiamo sempre più video, soprattutto in Italia dove siamo passati da 29 ore a settimana a 36. Nel resto del mondo sono meno teledipendenti. Ma questa non è esattamente una novità.