Corriere della Sera, 27 novembre 2016
L’aborto in discussione. Da Mosca a Washington
Perché il Patriarca Kirill ha preso le distanze dalla Lettera apostolica di papa Bergoglio sulla pratica abortiva? Anche se cristianamente ineccepibile, secondo me, Francesco può apparire, a torto o a ragione, troppo «in linea» con un concetto di «libertà» modernista, in tempi che richiedono «prudenza».
Francesco Italo Russo
fruss37@gmail.com
Caro Russo,
Non credo che vi sia stata una «presa di distanza». Le dichiarazioni sull’aborto del Pontefice romano e di Kirill, patriarca della Chiesa russa, affrontano problemi diversi. Francesco ha considerevolmente facilitato la procedura del perdono alla fine di un giubileo sulla misericordia, ma non ha modificato la linea della Chiesa Romana. Kirill, sin dallo scorso settembre, ha firmato un appello per il ripristino di una sanzione penale contro l’aborto che fu abolita con una delle prima leggi promulgate da Lenin nel 1920. Oggi, in Russia, il numero degli aborti, in uno Stato abitato da circa 150 milioni di persone, oscilla ogni anno fra 700.000 e un milione. Vi è un partito «anti-aborto», composto anche da coloro che sono preoccupati dal declino demografico del Paese; e vi è una corrente della pubblica opinione che si oppone al ripristino di una sanzione zarista, certamente invisa a una parte della popolazione femminile.
Vladimir Putin, per il momento, sembra avere scelto una via di mezzo. È un ortodosso devoto, ostenta pubblicamente la sua religiosità visitando chiese e conventi con serietà e compunzione, è legato a Kirill da una vecchia amicizia (si dice maliziosamente che abbiano stretto buoni rapporti quando erano entrambi agenti del Kgb). In un articolo di Giulio Meotti sul Foglio del 30 settembre, leggo che Putin, nel 2003, ha imposto «le prime restrizioni alla legge che regola gli aborti dai tempi di Stalin, eliminando il diritto ad abortire nel secondo trimestre per motivi di “vulnerabilità sociale”. Ha dato un bonus alle donne che danno alla luce due figli e nel 2012 ha introdotto un periodo di attesa obbligatorio, chiamato “settimana di silenzio”, prima che una donna possa abortire. È stata vietata la pubblicità delle cliniche dell’aborto nei luoghi pubblici ed è stato proposto che le donne che vogliono abortire abbiano prima una ecografia, rendendo così obbligatoria la visione dell’embrione e del battito cardiaco»: una drammatica esperienza, se venisse approvata, che dovrebbe indurle a cambiare idea.
Se questa è la situazione in Russia, quella degli Stati Uniti, per le sorti dell’aborto, non è migliore. Come ha ricordato Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa del 23 novembre, il presidente eletto Donald Trump vorrebbe nominare alla Corte Suprema, per completarne l’organico, un giudice contrario alla legalizzazione dell’aborto. L’America potrebbe tornare così al 1972, quando, nel caso «Roe contro Ward», fu deciso che il divieto dell’aborto era incostituzionale. Ecco un altro punto su cui Putin e Trump potrebbero intendersi.