Il Sole 24 Ore - Plus, 26 novembre 2016
La vera partita è tra politica e Banche centrali
Qual è il rapporto tra politica e mercati? Come si gioca? E su quali piani? Ci sono effetti indiretti: dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca il dollaro è ai massimi da 13 anni sull’euro, Wall Street ha aggiornato i record storici, i rendimenti dei Treasuries sono in forte crescita. Uno scenario totalmente diverso rispetto a quello – da tregenda – che molti si attendevano. Dunque, o i mercati “non hanno capito” chi è e cosa farà il Presidente eletto, oppure le previsioni sugli effetti economici e finanziari del voto Usa erano completamente errate. Vedremo nei prossimi mesi dove porterà questo caso da manuale di dissonanza cognitiva. Ora c’è piuttosto da interrogarsi sulla solidità delle basi del rialzo del Nyse, mentre Janet Yellen conferma che alzerà i tassi entro fine anno.
Ma la politica gioca anche in modo diretto. Le tensioni tra nuova Amministrazione di Washington e Federal Reserve si misureranno non solo dalle mosse sui tassi. In campagna elettorale Trump ha accusato la presidente della Fed di usare il suo ruolo contro di lui. Dopo la sua elezione, Yellen ha chiarito che non intende dimettersi anticipatamente – il suo mandato, come quello del suo vice Stanley Fischer, scadrà nel 2018 – e ha rilanciato la difesa del Dodd-Frank Act, la riforma della finanza voluta da Obama come risposta alla crisi del 2008. Se la presidente Fed rivendica l’indipendenza della Banca centrale Usa come valore di base, Trump però ha il tempo dalla propria parte.
» pag 3 Nicola BorziSpetta al Presidente Usa designare – e al Senato ratificare – i sette componenti del Consiglio dei governatori della Federal Reserve, tra i quali il presidente e vicepresidente che hanno mandato quadriennale. Nel 2018 sarà dunque Trump a nominare i successori di Yellen e Fischer. Ma già a inizio 2017 il nuovo inquilino della Casa Bianca indicherà i due membri vacanti del board della Fed e con ogni probabilità proprio questi due nomi, un anno dopo, saliranno ai vertici della Banca centrale Usa. Non basta: durante il suo mandato, Trump potrà cambiare la maggioranza dei membri del board Fed e un terzo di quelli del Federal Open Market Committee (Fomc), l’organismo che decide la politica monetaria, ridisegnandone il rapporto con l’Amministrazione di Washington.
La partita per l’indipendenza delle Banche centrali dalla politica tuttavia non è confinata alla sponda occidentale dell’Atlantico. Mario Draghi ha più volte dimostrato la sua totale indipendenza dai Governi dell’Eurozona. Ma il 31 ottobre 2019 scadrà il mandato, non rinnovabile, del presidente della Banca centrale europea. Il confronto dentro e tra i Paesi dell’area della moneta unica per nominare i vertici dell’Eurotower però inizierà ben prima. Il 31 ottobre 2017 terminerà l’incarico del Governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco: chi occuperà Palazzo Chigi ne deciderà l’eventuale rinnovo. A inizio 2018 il Consiglio Europeo dovrà indicare il successore del portoghese Vítor Constâncio: il nuovo vicepresidente della Bce entrerà in carica il primo giugno seguente. Un mese dopo scadrà Klaas Knot, presidente della Banca centrale olandese e membro del Consiglio Bce. Il primo maggio 2019 finirà la presidenza di Jens Weidmann alla Bundesbank tedesca. Le prossime elezioni nell’Eurozona, dunque, definiranno direttamente il futuro dell’euro e indicheranno a chi spetterà nominare i nuovi vertici della Bce.