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 2016  novembre 26 Sabato calendario

Sorrentino pensa positivo: «Guardiamo al futuro cinema e tv convivono»

C’è il clima effervescente delle grandi occasioni mondane, le signore ingioiellate, i tavoli imbanditi per una cena che si annuncia lunga e sontuosa, l’illuminazione d’atmosfera che farà apparire tutti perfettamente in parte. La grande bellezza torinese è qui, schierata nei saloni del Palazzo della Luce, in attesa del premio Oscar Paolo Sorrentino, in città per ricevere il Premio Langhe Roero e Monferrato che consiste in cento bottiglie di vino piemontese, quasi una provocazione per il regista che annuncia serafico: «È un premio per aspiranti registi alcolisti. Io sono un bevitore moderato, non ho vizi importanti, e poi non ho il physique du rôle».
L’umore, si vede subito, è ottimo, niente silenzi, niente rigidità, ma anzi una gentile pazienza nel rispondere alle domande più varie, dal successo di The Young Pope al prossimo film, dal giudizio sulla legge sul cinema appena varata alla replica alla frecciata morettiana («Non mi piace il cinema stilisticamente sbruffone, che oggi va di moda e tanto piace, il cinema compiaciuto di se stesso»).
«Se è vero che Moretti mi ha attaccato dicendo che il mio modo di fare cinema non gli piace, non importa. Non parlerò mai male di Moretti, è stato il mio maestro, il regista con cui sono cresciuto, è un grande autore, lo ammiro moltissimo». Da chi sostiene che ci sia un generale peggioramento del gusto, Sorrentino dissente: «Non trovo. Ho girato The Young Pope e sono rimasto sorpreso di quanto il pubblico si sia interessato a un tema arduo, che va ben oltre l’interesse per un attore di bella presenza». 
Festeggiato il successo della prima serie, Sorrentino fa sapere che sta già scrivendo la sceneggiatura della seconda stagione: «Sono uno degli individui più iperattivi del Paese, e questo è il mio progetto primario».
Qualcuno suggerisce uno spin-off dedicato al Cardinale Voiello, interpretato da Silvio Orlando: «Non ho più potere su di lui, ormai decide da solo cosa fare, io vengo informato dopo». Sul dilemma cinema- tv, ha idee chiare: «I modi di fruizione cambiano, sul fatto che la gente vada meno in sala bisogna farsene una ragione, senza impelagarsi in inutili nostalgie». 
L’altro impegno, annunciato a Venezia da «Variety», durante l’ultima Mostra del cinema, è il film su Silvio Berlusconi: «Non è un’informazione priva di fondamento, ma che fosse il mio prossimo film l’ha detto, appunto, “Variety”, non io. È un progetto complesso e di difficile realizzazione, bisogna trovare una giusta chiave di accesso al personaggio. Certe volte si può anche avere la volontà di fare qualcosa ma non riuscire a farla. Quando avrò finito di scrivere la serie, girerò il nuovo film. Non so ancora quale sarà».
La neonata legge sul cinema è un traguardo importante: «È molto buona, adesso siamo noi, sceneggiatori, registi, attori, che dobbiamo impegnarci e fare la nostra parte, con belle storie, ben raccontate. Per come va l’Italia, possiamo dire che stavolta ci è andata benissimo». Tra i vari incarichi potrebbe esserci anche quello di guest director del Tff: «Perché no? Potrei pensarci se me lo chiedessero, cosa che non è ancora avvenuta. L’ha fatto Gabriele Salvatores, che stimo e mi sta molto simpatico, potrei farlo anche io, se non stessi girando». 
D’altra parte con Torino c’è sempre grande feeling: «È una città meravigliosa, ci ho girato un mese e sono stato benissimo, se non fosse che ho preso una decina di chili. Ero qui come presidente di giuria quando Gianni Amelio era direttore». Napoli, però, resta nel cuore, anche per la passione calcistica: «Un film con De Laurentiis? Certo, lo farei, magari se il Napoli vincesse lo scudetto... È un produttore di successo, non avrei nulla in contrario». Il sì al referendum è noto («L’ho già detto») e poi, aggiunge l’autore con un sorriso, «Siamo a Torino, qui si parla solo di cinema».