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 2016  novembre 26 Sabato calendario

«Così Zanetti e l’onnipotente Bazoli decidevano le sorti dell’istituto». Parola di Giuseppe Vegas

Un incontro dei vertici di Ubi Banca con il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, per capire i possibili esiti di un procedimento sanzionatorio che coinvolge gli stessi vertici dell’istituto lombardo. Un incontro al di fuori della procedura, annotano gli uomini del Nucleo valutario della Guardia di finanza che hanno condotto l’inchiesta di Bergamo sull’istituto lombardo. E che seppur di per sé non riveli un «intento criminoso», data la quantità di fatti e contestazioni emerse durante l’inchiesta può anche prestarsi «a riflessioni di segno opposto», annota la Gdf. Vegas, sentito dal pm, che nega di aver saputo delle contestazioni mosse dall’Autorità agli esponenti dell’istituto. Salvo essere smentito sul punto dai funzionari della stessa Consob.
Siamo nel maggio del 2014 e i vertici di Ubi hanno appena ricevuto l’atto di contestazione della Commissione relativo alla mancata pubblicità di una modifica statutaria relativa alla composizione del comitato nomine. È uno dei punti chiave dell’inchiesta, che contesta l’esistenza di un patto occulto per governare Ubi al di fuori degli organi della banca. L’incontro avviene il 13 maggio del 2014 «verosimilmente» negli uffici milanesi della Consob. Vi partecipano, oltre a Vegas, il presidente di Ubi Andrea Moltrasio e il vicepresidente Mario Cera. L’incontro era stato organizzato con cura dallo stesso Cera, che nei giorni precedenti aveva incontrato lo stesso Vegas nel corso di un dibattito a Pavia. Vegas viene sentito dalla Gdf su questo incontro e conferma che sì, l’incontro c’è stato ma all’epoca non sapeva dell’avvio del procedimento sanzionatorio. Il presidente di Consob «prende atto» della soddisfazione espressa da Cera e Moltrasio dopo l’incontro, ma la riconduce alla sua cortesia, «che tiene abitualmente con tutti i propri interlocutori». Il direttore generale della Consob dell’epoca, Gaetano Caputi – anche lui sentito dal pm -, dice però di aver tenuto Vegas costantemente informato sul procedimento. Anche Marcello Bianchi, all’epoca a capo della divisione corporate governance, pur negando indebite ingerenze del presidente riferisce di averlo sempre informato. «La procedura pertanto non consente lo svolgimento di incontri preliminari e/o informali con soggetti diversi, tanto meno con l’organo cui spetta di fatto il compito di esprimersi sull’irrogazione o meno della sanzione amministrativa», conclude la Gdf.
L’atto si dilunga sulle dinamiche del patto occulto, ricostruendo nei dettagli gli incontri grazie anche agli appunti di Italo Lucchini, commercialista bergamasco e membro del cda della banca. Da qui emerge il ruolo predominante del bresciano Giovanni Bazoli – chiamato in un passaggio «l’onnipotente» – e di Emilio Zanetti, leader della componente bergamasca. La Gdf arriva ad ipotizzare per 11 dei 35 indagati, tra i quali Bazoli, Zanetti, Moltrasio, Cera e l’ad Victor Massiah, il reato di associazione per delinquere. Un’ipotesi però che il pm non ha ritenuto di fare propria. Bazoli si dice sconcertato «ho sempre rispettato la legge».