la Repubblica, 26 novembre 2016
Firme false a Bologna, le accuse dei testi. I verbali dei militanti M5S confermano le irregolarità nelle sottoscrizioni: «Non è la mia, perché vivevo a Londra»
«Quella non è la mia firma. Non potrebbe esserlo perché io, da aprile 2014 ad aprile 2015, ho vissuto a Londra senza mai tornare in Italia». Firme false, e diverse altre irregolarità nella raccolta. «Anomalie», le definiscono i carabinieri di Vergato, in provincia di Bologna, che stanno conducendo l’indagine sulle sottoscrizioni presentate a sostegno della lista del Movimento 5 Stelle alle regionali dell’Emilia Romagna del novembre 2014.
Il quadro che affiora dall’inchiesta, affidata alla pm Michela Guidi, è sostenuto da tutta una serie di testimonianze che ricostruiscono la vicenda. C’è la storia della signora che nello stesso periodo si trovava in Inghilterra e ci sono le dichiarazioni di altri tre uomini che negano di aver firmato. Uno di loro afferma «di non aver mai sottoscritto nulla del genere». Un altro racconta «è chiaramente falsa perché io scrivo sempre il cognome prima del nome e qui è il contrario». E poi ci sono le calligrafie che gli investigatori hanno confrontato e che sono «chiaramente diverse». Casi a cui si aggiungono altre irregolarità che hanno spinto la procura di Bologna a iscrivere sul registro degli indagati il vice presidente del consiglio comunale di Bologna Marco Piazza, il suo collaboratore a Palazzo D’Accursio, Stefano Negroni, la candidata alle regionali Tania Fiorini e una militante grillina Giuseppina Maracino.
Tra le contestazioni mosse dagli inquirenti anche quella di aver raccolto le firme tra il 10 e il 12 ottobre 2014, in occasione della della manifestazione “Italia a 5 Stelle” organizzata al Circo Massimo, a Roma, invece che sul territorio della circoscrizione. In questo senso nel faldone ci sono una trentina di verbali in cui i firmatari riconoscono la propria scrittura, ma dicono di aver firmato a Roma: «Eravamo tutti lì per il raduno». I carabinieri che hanno sentito intorno a settanta persone, su 88 elenchi complessivi, hanno trovato anche alcuni che hanno detto di aver firmato in assenza di chi avrebbe dovuto certificare l’atto. In questo senso c’è ad esempio una dipendente della città metropolitana: «Me lo chiese una collega e io non ho avuto problemi». La collega citata è Maracino che interrogata ha ammesso: «È vero, fui io a chiederlo.Anche io ho firmato, ma non ricordo dove e davanti a chi».
In un altro caso, una signora della provincia ha spiegato il metodo adottato nel suo caso: «È venuta Tania Fiorini a casa mia, siamo amiche e lei era candidata». La stessa Fiorini conferma: «Tutto vero, al circolo mi hanno dato i moduli e io ho raccolto una sola firma, pensavo si potesse fare e noi eravamo in ritardo». I vertici del movimento bolognese hanno sempre detto di avere raccolto centinaia di firme in più di quelle necessarie, anche se nei giorni scorsi è spuntata una mail dell’epoca con la quale si invitavano i militanti a darsi da fare nella raccolta perché era rimasto poco tempo.
Dopo Palermo dunque è bufera anche a Bologna. Anche se Massimo Bugani, candidato sindaco e capogruppo in comune continua a gettare acqua sul fuoco. Per il fedelissimo di Grillo e Casaleggio si tratta di «una montatura che sta raggiungendo contorni grotteschi. Vedrete che quando sarà sentito Marco Piazza il castello di carte crollerà in sette secondi e 28 centesimi». E aggiunge: «Sarà un boomerang clamoroso per coloro che da anni ormai vivono solo per tentare di infangare la reputazione di persone cristalline e oneste come Marco». In realtà l’indagine nasce dalla denuncia interna, da parte di due ex esponenti del movimento, Stefano Adani e Paolo Pasquino, fini sotto tutela da parte delle forze dell’ordine dopo le minacce ricevute sui social.
Nel frattempo la polemica è scoppiata anche a Roma dove Francesco Storace, vice presidente del Lazio, rilancia delle “voci” secondo cui «lo scandalo delle firme false grilline si sta allargando addirittura alle Regionali del Lazio del 2013?». Scrive su Facebook: «Se la voce ha un fondamento c’è da chiedersi con chi abbiamo a che fare. Speriamo di no». Quanto basta per far reagire la capogruppo del M5S laziale Silvia Blasi che ha annunciato il ricorso alle vie legali: «Non credo si sorprenderà di ricevere la notifica della nostra querela, perché è troppo comodo parlare di “voci” a supporto di un’ipotesi di reato senza accollarsi le responsabilità delle proprie parole».