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 2016  novembre 26 Sabato calendario

Usa, la guerra segreta contro l’Isis. Eliminati i capi della propaganda. E in Siria si registra il primo soldato americano caduto in combattimento

È una guerra «segreta» che ogni tanto emerge con notizie in chiaro. La combattono gli alleati e gli Usa contro lo Stato Islamico. Gli ultimi particolari, diffusi dal New York Times, descrivono la campagna sistematica per eliminare i quadri Isis coinvolti nel reclutamento e nella propaganda. Una «sporca dozzina» di jihadisti, un gruppo ribattezzato «La legione».
Dopo la grande avanzata del Califfo in Iraq e in Siria, Washington ha elaborato una strategia per contenere militarmente gli insorti, ma anche un piano per contrastare il massiccio arruolamento di simpatizzanti del Califfato. Un lavoro instancabile condotto da alcuni mujaheddin, armati di computer, pazienza e persuasione. Molti di loro si sono trasferiti in Medio Oriente da Paesi europei, portandosi dietro un bagaglio tecnologico e buoni contatti.
L’Fbi ha dedicato nuove risorse, spostato agenti dalla divisione anti-crimine a quella che confronta il terrorismo, sviluppato tecniche di osservazione. L’attività è sfociata in arresti all’interno degli Stati Uniti così come nell’uccisione dei loro referenti, tracciati con la collaborazione dell’intelligence e poi «terminati» da incursioni aeree.
La lunga caccia ha portato alla fine di guerriglieri di un certo spessore. È il caso del britannico Junaid Hussain, centrato da un missile nell’estate del 2015: era appena uscito da un Internet cafè di Raqqa, nel nord della Siria. Il suo nome è stato accostato a quello di attivisti che sono entrati in azione. Poi è toccato ad un altro inglese, Raphael Hostey, incenerito da un Hellfire sparato da un drone, e a Reyaad Khan. Diversa la storia di Neil Prakash, un reclutatore australiano molto presente sul web. Pensavano che fosse morto in un raid e invece è riapparso in Turchia dove è stato arrestato.
Le indagini statunitensi hanno trovato riscontri in quelle condotte dai partner occidentali. Francia e Germania hanno accertato come molte cellule o lupi solitari siano stati diretti o innescati in modo remoto da complici che risiedono nel Califfato. Come il francese Rachid Kassim, l’ex legionario Abu Suleyman al Faransi, Abu Ahmad. L’ultimo ad essere «marcato» è un estremista, indicato come «il siriano» e coinvolto in un progetto di attentati nelle città francesi.
Insieme alla lotta ai propagandisti, il Pentagono ha ampliato gli interventi sul terreno. Missioni affidate ai commandos delle Special Forces. Compito che ha portato oltre 200 militari nelle zone settentrionali della Siria in appoggio ai curdi YPG. Uno di questi soldati è stato ucciso dall’esplosione di una trappola esplosiva nei pressi di Ayn Issa, località non lontana dal confine turco e dalla capitale del Califfato, Raqqa. Area piena di insidie perché teatro di scontri anche tra turchi e separatisti, con il recente coinvolgimento dell’aviazione siriana. I caccia di Damasco hanno bombardato le truppe di Ankara che avanzavano verso al Bab.
L’impegno per le unità d’elite è comunque destinato ad andare oltre questo ginepraio. La Casa Bianca ha ordinato la creazione del «Counter-External Operations Task Force», un’unità – con nuovi poteri – all’interno del comando operazioni speciali che dovrà inseguire e neutralizzare i terroristi a livello globale. Un progetto che dovrebbe contare su coordinamento con la Cia e i Paesi amici – magari con azioni congiunte – ma slegato dalla gerarchia regionale del Pentagono. Dunque potrebbe assicurare maggiore flessibilità nel caso che l’Isis o al Qaeda tentino di disperdere le loro colonne. Fenomeno già visto in diversi teatri.