Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 25 Venerdì calendario

Niente selfie con Trump. Intervista a Bebe Vio

ROMA È un ciclone. Più parla e più rimani incantato ad ascoltare le parole che le escono dalla bocca a velocità supersonica. Non sta ferma un minuto ed è impossibile trattenerla. Esplode in tutta la sua forza, con quegli occhi verdi che ti bucano e ti raccontano quale montagna abbia scalato. Dici Bebe Vio e subito tutti si fermano. Lei è una che frantuma i muri della diversità. Lo ha fatto in pedana e alla Casa Bianca. Un selfie con l’ormai uscente presidente degli Stati Uniti, Obama. Fantascienza se si pensa al rigido protocollo che esiste tra le mura della residenza del presidente. «Per me è stato come essere catapultata in un film. La cosa che più mi ha reso orgogliosa è che ero lì a rappresentare lo sport italiano. E che abbiano scelto un’ atleta paralimpica come me è stato il massimo». 
E con Donald Trump un selfie lo farebbe?
«No. Trump ce l’ha con le donne e con gli handicappati: praticamente alla Casa Bianca non mi farebbero nemmeno entrare».
La politica Usa è a una svolta. In Italia c’è stato qualcosa di simile con i 5 Stelle, soprattutto a Roma. Il primo effetto è stata la rinuncia ai Giochi 2024... 
«Ci ho creduto molto. Mi sono immaginata a Rio, a Tokyo e poi portabandiera a Roma. La rinuncia mi ha distrutto. Pensare ai Giochi da noi faceva battere il cuore. Sentivo la bolgia dei brasiliani che tifavano per me a Rio e mi son detta pensa in casa cosa può essere...». 
Un’occasione persa per gli atleti. E per la città?
«Anche. Sport e grandi eventi fanno bene alle città. Sono stata ambasciatrice di Expo e ci sono stata molte volte e sempre senza difficoltà. Girare per Milano è diventato più facile, anche dopo. Roma invece è un casino. Con le Olimpiadi la città sarebbe diventata più accessibile e ci sarebbe stata una rivoluzione anche nella testa delle persone».
Fuori Roma, c’è in gara ancora Parigi. Altra città che ultimamente l’ha vista protagonista... 
«Andare alla settimana della moda con Arianna Errigo e Rossella Fiamingo è stato un gran divertimento».
Bebe è una da sfilata?
«Macché. Io sono l’antidonna, sono scialla! Scelgo solo roba sportiva e in generale non so vestirmi. Per questo mi piace che qualcuno mi dica cosa indossare». 
Più comoda in pedana, dunque, che in passerella?
«In pedana riesco molto più a gestire le emozioni. Le sfilate finora le ho fatte solo per beneficenza, ma in passerella ho l’ansia perché c’è sempre un tacco 12 da rispettare». 
E ora si parla anche di cinema...
«Sono stata invitata alla prima del nuovo film di Tim Burton, La casa dei ragazzi speciali. Dicono che somiglio al personaggio protagonista del film. Avrò un abito bellissimo (top secret, ma di certo ci saranno delle spade e un grande cuore, omaggio alla sua massima «Nella scherma ci metto il cuore»).
Come fa a gestire tutti questi impegni?
«Faccio tutto con lo scopo di promuovere il movimento paralimpico. Lo sport mi ha salvato e più si porta avanti il messaggio e più persone salviamo. Fare sport ad alti livelli, con l’assillo dell’antidoping, per esempio, mi ha portata a stare sempre lontana da droga e alcool. Poi io sono solo una delle tante. Sapete quanti ce ne sono in giro meglio di me? Solo nella mia associazione, Art4sport, siamo in 20 e gli altri 19 sono tutti meglio». 
Eppure lei, con il suo esempio, ha trasformato lo sport paralimpico.
«La prima volta che ho vinto sono venuti da me colleghi normodotati stupiti. Ma dai, esiste anche questo?. Ora siamo un’unica federazione e si gareggia tutti insieme senza divisioni». 
Un passaggio cruciale quello delle federazioni uniche?
«Sport olimpici e paralimpici non sono sullo stesso livello. Il percorso è ancora lungo. Nella scherma abbiamo realizzato unione e crescita. Se un atleta olimpico inizia ad apprezzare e seguire lo sport paralimpico fa crescere il movimento. Una cosa è apprezzata se gli altri l’apprezzano. E stiamo lavorando anche affinché gli atleti paralimpici possano entrare nelle Armi». 
La sua esultanza dopo l’oro a Rio è diventata un manifesto...
«Per me è stato un anno durissimo e quell’esultanza era lo sfogo di tutto lo stress accumulato. In due mesi ho fatto maturità e olimpiadi. E quell’urlo era la fine di un percorso. Di una montagna scalata. Era un grazie a tutti». 
È vero che ha vinto un po’ da incosciente?
«Vero. Per noi la carrozzina è tipo la moto di Valentino Rossi. Ti alleni con quella, ha la tua forma. Io mi sono presentata a Rio con una carrozzina nuova di pacca, mai usata prima. Ho usato la stessa per 8 anni e alle Olimpiadi l’ho cambiata perché era rosa e mi vergognavo: non volevo fare la bimbaminkia di turno. Ho passato la sera prima della gara con l’armiere a cercare di settarla al meglio».
Bebe Vio non ha paura?
«No, anzi. Io credo nella paura. Deve sempre esserci ma bisogna saperla trasformare in slancio». 
Com’è la sua giornata?
«Sempre piena di impegni che i miei genitori organizzano per me. E siccome non ho la sveglia, normalmente comincia con mio padre che mi lancia le braccia sul letto. E pesano, eh...».
E quando le capitano delle giornate storte?
«Cerco di non mostrarlo. Lo scorso anno, tra scuola e scherma, ho passato un periodo durissimo, in cui ero a pezzi fisicamente e mentalmente. Piangevo molto ma non se n’è accorto nessuno. Anche io ho degli idoli e penso sempre che se li vedessi nervosi o arrabbiati finirei con il rimanere delusa. Per cui non mostro mai quel lato. Cerco di apparire sempre positiva e finisco con l’esserlo davvero».
Cosa le piace di più della sua vita?
«Il lavoro con la mia associazione. Io m’ispiro ai miei ragazzi: una bimba di 8 anni che fa taekwondo senza un braccio e spacca il mondo è il mio idolo. Degli adulti non me ne frega nulla, sono persone tendenzialmente perse. Ma con i bambini e gli adolescenti puoi lavorarci sopra».
E nel futuro cosa c’è?
«Il mio obiettivo è di diventare prima capo della redazione di Sky Sport e poi del Coni. Voglio unire i due comitati in tempo per portare i Giochi del 2028 a Milano». 
E chissà dove finisce lo scherzo.