Corriere della Sera, 25 novembre 2016
Alitalia, spunta l’ipotesi tagli, fino a 2 mila posti. A rischio il nodo dell’aumento di capitale
In attesa del nuovo piano industriale di Alitalia, che doveva essere presentato ai soci all’inizio di novembre ma ancora non si vede, ritornano le voci sugli esuberi. Secondo l’agenzia Reuters, che cita senza identificarle tre fonti vicine al dossier, la compagnia aerea italiana potrebbe tagliare da 700 a 2.000 posti di lavoro e mettere a terra almeno 20 aeroplani, per risanare i conti ancora in profondo rosso. Sugli esuberi non c’è stato alcun incontro ufficiale tra azienda e sindacati. E secondo alcuni l’azienda potrebbe decidere di ricorrere a contratti di solidarietà per scongiurare probabili scioperi in un momento già difficile.
Il vettore perde circa mezzo milione al giorno che, moltiplicato per 365 giorni, fa quasi 200 milioni in un anno, rendendo urgente una ricapitalizzazione. Che, però, appare problematica, a causa della riluttanza dei soci italiani a riaprire il portafogli, a cominciare dalle banche che devono fare i conti con rigidi requisiti patrimoniali. Ma anche per l’assenza di una strategia che faccia finalmente decollare il vettore italiano, come aveva promesso Etihad, quando due anni fa ha investito 560 milioni di euro per diventare il primo azionista di Alitalia con il 49%. Oltre all’aumento di capitale, si è parlato di un bond. C’è chi ipotizza che serviranno sia l’uno che l’altro per rimettere in pista il vettore, visto che il turnaround finora non c’è stato. La strategia di trasformare Alitalia in una compagnia a 5 stelle, con l’ammodernamento degli aeromobili e l’arricchimento dei servizi, comporta una struttura di costi elevata, che però deve fare i conti con la concorrenza del treno ad alta velocità e delle low cost sul corto e medio raggio e l’impossibilità, per il momento, di aprire nuove rotte intercontinentali, quelle dove si guadagna di più, verso il Nord e il Sud America, a causa della joint-venture transatlantica con Delta e Air France-Klm. Rotte che richiedono in ogni caso ingenti investimenti.