La Gazzetta dello Sport, 25 novembre 2016
Gli avvocati devono aver spiegato alla famiglia Brunetta che a dire certe cose su twitter, oltre tutto sotto falso nome, si rischia qualcosa in tribunale, multe pesanti, magari anche un po’ di penale

Gli avvocati devono aver spiegato alla famiglia Brunetta che a dire certe cose su twitter, oltre tutto sotto falso nome, si rischia qualcosa in tribunale, multe pesanti, magari anche un po’ di penale. Così ieri i Brunetta si son dati da fare con le interviste.
• «I Brunetta» nel senso di Renato Brunetta e sua moglie? Sa che non so niente della moglie di Brunetta?
Una signora molto attraente, molto distinta, che il capogruppo di Forza Italia ha impalmato nel 2011. Sono quelle coppie per cui i fotografi impazziscono, dato che c’è sempre un elemento visivamente forte: lei è una bella stanga, lui, diversamente alto, le arriva alla spalla. La signora si chiama Tommasa Giovannoni Ottaviani, detta Titti, 53 anni (lui ne ha 66), fa l’arredatrice d’interni, ha due figli da un precedente matrimonio, fino ad ora interessava - senza intasarle - le cronache rosa, per esempio di quando lei e lui si conobbero perché stavano comprando piante in un vivaio dell’Umbria, e lui era senza macchina e lei gli portò le piante a Roma, eccetera eccetera. Finchè un giorno a Ravello, lei stava spadellando i paccheri, e lui le chiese: «Mi sposi?». Lei rispose: «Un attimo, perché devo scolarli bene». E solo alla fine della scolatura rispose di sì.
• Bello. E adesso che è successo?
Che lei s’è buttata in politica, in un modo - ehm - non proprio di livello, e senza neanche dirlo al marito (questa almeno è la versione ufficiale). Nell’aprile 2015 è entrata in twitter col falso nome di Beatrice Di Maio e ha cominciato a calunniare Renzi e i renziani.
• Ah, ma è la twittermaniaca misteriosa di cui abbiamo parlato l’altro giorno. C’è una denuncia del sottosegretario Lotti, i carabinieri di Firenze indagano, oltre tutto il vero Di Maio non c’entra niente...
Proprio lei. Da ultimo ha scritto cose pesanti come: «“Per alcuni il silenzio è d’oro... quello di Mattarella è d’oro nero!”. E sotto, una foto del Quirinale con il tricolore e la bandiera della Total, come se il presidente della Repubblica fosse coinvolto nell’inchiesta della magistratura sul petrolio lucano. Oppure: «Il governo trema. Da Potenza agli aeroporti inchiesta da paura. Renzi: “Io non mi fermo?”» e sotto una foto di Charlot che scappa. Anche qui: Renzi ha tante colpe, ma non c’entra niente neanche lui con l’inchiesta di Temparossa. Gli avvocati devono avere avvertito che la cosa non era così liscia come sembrava, e alla fine la Titti s’è confidata col marito e ha lasciato che Franco Bechis, di Libero, la trovasse, la intervistasse e le facesse dire, intanto, che «Renato non c’entra nulla con questa storia, non ha mai saputo nulla di quello che facevo, ho deciso da sola di entrare su twitter, di usare ovviamente un nick name» (sottolineatura nostra). Poi: «Quello che pensavo ho scritto, sempre con ironia. Molte volte si trattava di battute, di satira, con la libertà tipica della rete. Non ho giocato, ero io con il mio animo, le mie passioni politiche, il mio impegno civile e i miei rapporti di affettività. Io sono Bea e porto nel cuore questa esperienza... Ho fatto una battuta sarcastica, paradossale. Se Lotti si è sentito offeso, mi dispiace e me ne scuso. Devo aggiungere che questa denuncia mi dispiace anche per un altro motivo. Che io Bea debba tacere, pazienza. Da quel giorno però sono tante le Bea che avrebbero voluto scrivere, fare battute, esprimere le loro opinioni in libertà, e non l’hanno più fatto. Hanno paura di essere messe nel mirino come me, me lo hanno confidato anche in privato. Mi dispiace per questo silenzio e queste briglie alla libertà della rete che il mio caso sta provocando. Io sono l’ultimo dei problemi: se il dott. Lotti vorrà andare avanti con la causa, andrò in tribunale e mi difenderò». Non sta troppo in piedi, direi, meno che mai la storia di tutte queste Bea ora represse. Bisogna rassegnarsi al fatto che, con la scusa della satira, non si può dire proprio tutto. Io, che era satira, non l’avevo mica capito. Mi pareva anzi che la blogger Beatrice Di Maio lanciasse messaggi in codice e chi doveva capire capisse. Un poco mafiosetta, semmai. • Il marito che dice?
L’ha intervistato Repubblica. «Io mi occupo di cose serie». Il comportamento della Titti fa parte dell’impegno civile e del diritto di satira? «Mia moglie ragiona con la sua testa» (che è un modo per tenersi a distanza). Le conseguenze legali? «Male non fare, paura non avere». Nemmeno un briciolo di vergogna? «Assolutamente no».
• Non è la più brutta campagna elettorale della storia repubblicana?
Non montiamoci la testa. Subito dopo la guerra si sparavano addosso. Nel ’74, facendo comizi contro il divorzio, Fanfani diceva alle donne che se fosse passato il divorzio i loro mariti sarebberso scappati in massa con la cameriera.