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 2016  novembre 24 Giovedì calendario

«Reattori fermi per controlli», bollette più care

A uno a uno, i reattori si fermano per controlli. Una dozzina in Francia, con effetti importanti sulle bollette elettriche di mezz’Europa compresa l’Italia, ma in Belgio le autorità hanno sollevato problemi per due centrali atomiche; in Giappone una nuova ondata di controlli; parrebbero interessate da una stretta di verifiche anche diverse centrali nucleari tedesche. Ieri il direttore dell’Autorité de sûreté nucléaire, Pierre-Franck Chevet, ha denunciato «pratiche inaccettabili», come l’esistenza di 400 dossier nascosti o la scoperta di documenti di fabbricazione che appaiono falsificati. La conseguenza per noi consumatori che usiamo la corrente elettrica: i costi del chilowattora potrebbero salire molto di più del previsto. 
Che accade? Succede che dopo l’incidente alla centrale atomica giapponese di Fukushima (marzo 2011) in tutto il mondo i controlli nucleari sono stati infittiti e resi più severi.
Così è stata fatta un’analisi alla centrale in costruzione a Flamanville, in Normandia. Tecnologia francese Epr della società di ingegneria nucleare Areva, committente il colosso EdF (Électricité de France). Si è scoperto che l’acciaio di cui è fatto il nòcciolo del reattore, il colossale “uovo” chiamato vessel, non è stato realizzato a regola d’arte. La fonderia che ha costruito il cuore della centrale ha condotto male il processo metallurgico e in certi punti le due cupole dell’uovo, cioè il coperchio in alto e il fondo, hanno una concentrazione di carbonio con microfratture che infragiliscono il metallo. Potrebbe spezzarsi il cuore della centrale, il punto di massima delicatezza, il coperchio della pentola a pressione. Lo stabilimento da cui sono arrivati quei componenti è quello di Creusot, uno dei pochissimi impianti di questo tipo al mondo.
Allora l’Asn ha studiato tutta la produzione di quello stabilimento. Mani nei capelli. Secondo un’analisi commissionata dall’associazione antinuclearista Greenpeace a un centro studi londinese molto accreditato, dal ciclo di produzione di Creusot fin dal 1965 sono usciti 17 reattori da 900 megawatt di potenza, tre della più fortunata serie da 1.300 megawatt, uno dei quattro reattori da 1.450 megawatt. 
L’agenzia per la sicurezza atomica sospetta «l’esistenza di pratiche inaccettabili dall’inizio degli anni Sessanta nella fabbrica del Creusot: l’esistenza di 400 dossier volontariamente nascosti al cliente e all’Asn, e riguardanti anomalie, nonché la scoperta di documenti di fabbricazione che appaiono falsificati».
Da verificare con attenzione soprattutto le centrali costruite negli anni 80. Le conseguenze sono assai rilevanti: potrebbe essere a rischio di fermata il 44% dei reattori atomici francesi. E i 58 reattori nucleari dell’EdF producono il 75% della corrente francese.
Entro fine dicembre, ha detto Chevet dell’Autorità nucleare, dovranno essere riavviati 7 dei 12 impianti fermi, cioè Dampierre, Civaux 2, i reattori Tricastin 1, 3 e 4, Gravelines 2 e Bugey 4. Chevet ha detto che «nella migliore delle ipotesi» entro un mese la Asn potrà decidere se far ripartire i reattori al più tardi «a gennaio del 2017».
È stato esaminato anche l’export di tecnologia dallo stabilimento francese. Parti simili a quelle sotto osservazione sono state montate nelle centrali di mezz’Europa. E una tecnologia simile era stata adottata anche dai giapponesi.
Gli effetti della fermata per controlli si sono fatti sentire sul prezzo europeo della corrente elettrica. Fermata la dozzina di reattori atomici, la Francia ha smesso di esportare chilowattora a basso costo. E ha cominciato a importarne. L’offerta si è ridotta e, secondo le regole sacrosante del mercato, in tutta Europa nelle borse elettriche del chilowattora i listini hanno cominciato a salire.
In Italia l’Autorità dell’energia ha già fatto sapere che il prossimo aggiornamento trimestrale delle bollette elettriche, che avverrà a fine dicembre, con ogni probabilità terrà conto del fenomeno. Le stime sono per forza di cose approssimate, ma il sovraccosto per la sola Italia potrebbe superare il miliardo di euro.
Ma le conseguenze dei controlli più severi si fanno sentire anche in Belgio. E anche lì potrebbero esserci fermate di centrali. Il 1° luglio e il 2 settembre l’Agence fédérale de contrôle nucléaire ha scritto alle società elettriche Engie (all’amministratore delegato Philippe Van Troeye) ed Electrabel (la presidente Isabelle Kocher), società che gestiscono le centrali atomiche di Doel (verso l’Olanda) e Tihange (nella zona di Liegi, non lontana da Maastricht e Aquisgrana).
I due impianti soddisfanno metà della domanda elettrica belga ma potrebbero essere a rischio di incidenti gravi, quali il collasso parziale o totale del reattore. Nelle lettere, Jan Bens direttore dell’agenzia scrive di un alto rischio di fusione da surriscaldamento per il nòcciolo dei reattori. «I valori della probabilità di fusione sono allarmanti nei reattori 1,2 e 3 della centrale di Tihange, e per i reattori 3 e 4 della centrale di Doel», dicono le lettere.
Tihange è costituita da tre reattori realizzati fra il ’75 e l’85. La centrale di Doel, una delle più vecchie d’Europa, è composta da quattro reattori realizzati tra il 1969 e il 1985. Nel 2012, in occasione degli stress test organizzati dall’Europa dopo il disastro di Fukushima, furono rilevate alcune microfratturazioni nei reattori: non abbastanza da imporre la fermata degli impianti ma sufficienti a suscitare preoccupazione.
In Germania, nel Land della Renania Settentrionale-Vestfalia, tre mesi fa è stato deciso di aumentare la scorta di pastiglie di iodio per la popolazione, usate per proteggere in particolare la tiroide in caso di fughe radioattive.