La Stampa, 24 novembre 2016
Da Marconi a Goebbels e Coppi lo chef che mette a tavola la storia
Se Guglielmo Marconi fosse ancora in vita, forse si sarebbe appassionato a trasmissioni come Masterchef e magari si sarebbe pure candidato come giudice. Quando era assiduo cliente del ristorante dell’Hotel Quirinale di via Nazionale a Roma, amava prendere appunti sui piatti che provava e, ormai di casa, spesso si recava in cucina per assaggiare le nuove sperimentazioni degli chef e per esprimere i suoi giudizi. È uno dei ritratti che Pietro Destefanis, 101 anni appena compiuti, chef per cinquant’anni negli hotel di lusso tra Italia e Svizzera, custodisce tra i suoi ricordi più cari.
Il Nobel e il gerarca
Quando Pietro conobbe l’inventore della comunicazione senza fili, era il 1935 e doveva ancora compiere 20 anni. Nato tra le colline del Verbano nel 1915, aveva già una strada professionale segnata dal padre, chef per 37 anni al Branksome Tower Hotel in Inghilterra: «Sono originario di una frazione di Brovello Carpugnino, comune natio di Ugo Tognazzi nel film la Grande abbuffata: lo scelsero in quanto borgo di provenienza di tanti apprezzati cuochi». Destefanis oggi vive ad Arona sul Lago Maggiore, è una persona discreta, dai modi molto educati e all’occorrenza spiritosi. Non è difficile immaginare che abbia conquistato la simpatia di alcuni importanti personaggi che hanno attraversato il secolo scorso. Nei primi tempi della sua carriera, solo persone più che benestanti si potevano permettere pranzi o cene in hotel di lusso e lo chef, re della cucina, anche in quel contesto era trattato come un «personaggio». Persino il gerarca nazista Joseph Goebbels al Lido di Venezia nell’estate del 1942 volle fare una passeggiata con Pietro: «Era in borghese e non lo riconobbi. Lui se ne accorse e allora mi chiese: “Lei non sa chi sono io?”. Scoprii la sua identità solo al mio rientro in hotel. Ricordo che era di poche parole».
Il Presidente pescatore
Goebbels si stupì di non essere stato riconosciuto. Di sicuro, non era affabile come Marconi: «Il Nobel della fisica era davvero una persona semplice e piacevole: adorava il cibo, soprattutto il tartufo. A dire il vero, con noi non risparmiava apprezzamenti anche sulle belle donne che ospitavamo in hotel». Destefanis è stato chef anche al Grand Albergo Reale di Sanremo di proprietà di Luigi Bertolini, all’epoca gestore del Casinò: gli è rimasta impressa l’evidente diversità tra la riservatezza del ciclista Fausto Coppi e la spontaneità del rivale Gino Bartali, ma non molto di cantanti o attori che negli anni tra il 1950 e il 1953 frequentavano la riviera per il Festival: «Ricordo invece Totò, quando ero a Roma. Non era come al cinema. Tutti si aspettavano battute da lui, invece era molto riservato e asciutto». Pietro era comunque poco interessato al mondo dello spettacolo. Oltre al suo mestiere e alla sua famiglia, si dedicava piuttosto alla caccia e alla pesca. Hobby, quest’ultimo, che condivideva con l’allora presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, di frequente ospite del Grand Hotel Billia del Casinò di Saint Vincent, dove Pietro cucinò per tutta la seconda metà degli Anni 50: «Era un pescatore. Quando arrivava, si diceva che riempissero i torrenti di trote per accontentarlo e che non amasse toccare il pesce una volta catturato: faceva levare l’amo da altri». Lo chef centenario sorride rispolverando questi lontani ricordi che emergono all’improvviso da una vita fa, vissuta tra un grand hotel e l’altro, negli ultimi anni anche lontano dai familiari: «Non ho voluto che i miei due figli seguissero la mia strada. Ho desiderato invece che vivessero sempre con le proprie famiglie e, se possibile, sempre nello stesso posto».