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 2016  novembre 24 Giovedì calendario

Meno spese
 ma i benefici
 si vedranno 
nel tempo

Facciamo due conti. La prima sforbiciata sarà sulle prebende dei senatori. Esclusi quelli a vita e di diritto, oggi sono 315. Per effetto della riforma crolleranno a 95, ma non riceveranno un’indennità in quanto dovrebbero essere tutti sindaci o consiglieri regionali, dunque già retribuiti a parte. Quanto vale questo taglio netto (o limatura, dipende)? Nel balletto delle cifre, l’unico riferimento certo è rappresentato dal bilancio di Palazzo Madama. Dove nel 2015 gli emolumenti dei senatori hanno pesato per 42 milioni di euro. A questi ne vanno aggiunti 37 di indennità varie e altri 21 di finanziamenti ai gruppi parlamentari per le loro attività. Sommando tutto insieme, oggi si arriva a 100 milioni tondi, che sarebbe la minor spesa conseguente alla riforma. 

Altri risparmi verranno (se vincerà il SI) da una progressiva riduzione degli apparati. Attualmente il Senato costa mezzo miliardo all’anno, di cui la metà o quasi se ne va via per le pensioni dei dipendenti e degli ex senatori. Intervenire su quelle è impossibile. Ci vorrà tempo anche per trasferire altrove il personale in eccesso. La nuova Costituzione prescrive quello che Grasso e la Boldrini avevano già avviato per conto loro, cioè un ruolo unico dei funzionari parlamentari, in modo che per almeno un lustro alla Camera i vuoti verranno colmati dagli esuberi del Senato (niente assunzioni di giovani sarà l’altra faccia della medaglia).

Ultima annotazione: i consiglieri regionali e i sindaci in trasferta dovranno essere per forza rimborsati, dalle spese di viaggio alle cene, in caso contrario a Roma verrebbero in pochi. Per questi rivoli se ne andranno 10-15 milioni all’anno. Non pagherà lo Stato centrale, è vero, perché dovranno farsene carico le Regioni. Però sempre di soldi pubblici si tratta, che versiamo noi.