la Repubblica, 24 novembre 2016
L’amaca di Michele Serra
IL CASO della criminalità a Milano (quella percepita, che i media amplificano, è ben maggiore di quanto i numeri dicono) è paradigmatico del momento storico e politico che stiamo attraversando. Molte persone pensano di stare peggio perché stanno obiettivamente peggio. Ma molte pensano di stare peggio anche se stanno obiettivamente meglio. Questo potrebbe indurre a liquidare con un’alzata di spalle il sordo malumore che sta diventando un vero e proprio rumore di fondo. Retrocedendolo a malumore “immaginario”, non suffragato dai fatti. Ma sarebbe un errore grave, perché il malumore è a sua volta un dato “reale”, anche quando le statistiche non abbiano la maniera di tradurlo in cifre. C’è. Incide. E va guardato negli occhi.
Bisognerebbe fare la fatica di capire meglio le ragioni dello scontento – quando, ovviamente, non siano facilmente leggibili come segno di arretramento economico-sociale. Parecchi indizi portano a credere che sia un male “dell’anima”: uno sbandamento identitario, un non sapere bene chi si è e che cosa si sta facendo, di quale o quali comunità si è veramente parte. Come capita di fare (sbagliando) con i depressi, l’istinto è il rimprovero, l’invito a “smetterla di lamentarsi”. Bisognerebbe invece moltiplicare la capacità di ascolto: è proprio quella, nella fretta crescente, nella frantumazione di ogni conversazione e di ogni rapporto, la grande assente. La politica moderna studia le tecniche di comunicazione. E le tecniche di ascolto?