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 2016  novembre 24 Giovedì calendario

Nel bunker dell’arte ferita. Ecco il rifugio dei capolavori

SPOLETO L’ARTE ferita dal terremoto è stesa sul pavimento giallo di un deposito super protetto, nella campagna tra Spoleto e Terni. I quattro Cristi di legno arrivati da Norcia una settimana fa li hanno messi accanto all’ingresso.
VISTI così, a terra, da vicino, con quella patina biancastra che si è formata sui volti, sembrano ancor più sofferenti. Ottocento anni di storia sorvegliati giorno e notte in cinque saloni dove il termometro rimane fisso sui 20 gradi. Le tele del sedicesimo secolo, le croci d’argento, le statue della Madonna, gli altari, i tabernacoli, i rosoni. Tutto ciò che è stato salvato dalle macerie della Val Nerina, l’hanno portato qui. Adagiato su tappetini di plastica. Avvolto nelle pellicole millebolle. Sistemato su scaffali di metallo.
Sono 960 quelle che i vigili del fuoco e i carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale hanno recuperato finora, insieme ai tecnici del ministero dei Beni Culturali. Ogni opera ha una scheda, con la data del salvataggio, il luogo del prelievo, lo stato di conservazione. L’Incoronazione della Vergine dipinta da Jacopo Siculo nel 1541: salvata il 5 novembre dalla chiesa di San Francesco di Norcia, stato buono. La Crocefissione dipinta da Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio, alta quattro metri, datata 1606: salvata il 7 novembre dall’Abbazia di Sant’Eutizio, uno squarcio sulla tela. I due rosoni della chiesa di San Salvatore di Campi di Norcia: salvati il 18 novembre, 40 pietre da ricomporre. Il crocefisso di legno del XV secolo appeso nella cattedrale di Santa Maria Argentea di Norcia: salvato il 10 novembre, spezzato in cinque parti, restauro urgente. Ogni scheda, una promessa di resurrezione.
Prima o poi le rivedremo nel posto dove devono stare, queste opere. Nel frattempo stanno qui, nel bunker antisismico costruito dalla Regione Umbria una decina di anni fa come rifugio temporaneo per l’arte in caso di terremoto. Ci siamo entrati, con la promessa di non rivelarne l’esatta ubicazione né fornire i dettagli del sistema di sicurezza che lo protegge. È la prima volta che lo utilizzano per il motivo per cui è stato progettato, perché fino alla scossa del 24 agosto non ce n’era stato bisogno. Lo usavano come archivio. Il 21 settembre hanno portato qui tre sculture della chiesa di Santa Maria Assunta di Castelluccio, poi un crocifisso di legno, poi due campane dell’oratorio di Norcia. Sembrava finita lì, o quasi. Invece c’è stato il 26 ottobre, e poi il 30 ottobre. Il migliaio circa di oggetti ora custoditi provengono da 37 siti umbri: 35 chiese, il museo della chirurgia di Preci, il museo civico della Castellina di Norcia. E ne continuano ad arrivare.
Il sistema di areazione garantisce una temperatura costante di 20 gradi, e un tasso di umidità del 55 per cento, ideale per conservare il legno antico. La prima sala, dopo il portone in acciaio, la chiamano “il pronto soccorso”. Agganciate ai pilastri in cemento armato ci sono quattro aspiratori blu, che servono per togliere la polvere delle macerie. «Appena ci portano un’opera, ne verifichiamo lo stato di conservazione e lo schediamo», spiega Margherita Romano, funzionaria della Soprintendenza umbra e storica dell’arte. È una delle mamme di questo posto, maneggia croci e cristi con la delicatezza con cui si abbraccia un neonato. Su uno scaffale di acciaio che pare il letto di un autopsia c’è quello che resta del crocifisso ligneo della cattedrale di Norcia. Il tronco è spezzato in due, la testa è staccata dal viso e sugli occhi si è formato uno strato di muffa blu («colpa dell’umidità cui sono stati esposti dopo i crolli, che ha creato anche la patina biancastra»), la barba e i capelli sono in frantumi.
Inutile chiedere alla signora Romano quale sia l’oggetto più pregiato, o quanto valga in milioni di euro il patrimonio contenuto nella pancia del deposito: per lei tutto vale tantissimo e non ha “figli” preferiti. «Certo, quando hanno preso il bassorilievo della Madonna Bianca di Ancarano, a Norcia, realizzata dal fiorentino Francesco di Simone Ferrucci, mi sono emozionata», ricorda, mentre solleva il cellophane che copre i lineamenti di Maria. «La fase dell’emergenza purtroppo si è prolungata», spiega la soprintendente umbra, Marica Mercal- li, che gestisce il deposito grazie a una convenzione tra il Mibact e la Regione. «Le opere rimarranno almeno per i cinque anni della durata del mandato della soprintendenza speciale costituita nel cratere. Creeremo anche un laboratorio di restauro per i primi lavori di messa in sicurezza e di conservazione. Avere un deposito così è fondamentale per intervenire in momenti di emergenza, magari lo avessero tutte le Regioni». Anche le opere d’arte hanno bisogno di un rifugio dove sfollare.