Corriere della Sera, 24 novembre 2016
È figlia di immigrati la prima donna nominata da Trump
NEW YORK Arrivano le prime donne nella squadra di Donald Trump. La miliardaria Betsy DeVos, convinta sostenitrice del sostegno alla scuola privata, all’Istruzione e, soprattutto, Nikki Haley, designata ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu. Per l’incarico più importante, il seggio nel Consiglio di sicurezza, il presidente eletto pesca al di fuori del suo perimetro. Nikki, 44 anni, governatrice del South Carolina, aveva attaccato con asprezza il tycoon nel corso della campagna elettorale: «Chi non sconfessa il Ku Klux Klan non può essere il nostro candidato». Tutto dimenticato. Adesso, se il Senato confermerà la nomina, Nikki Haley prenderà il posto che Samantha Power, 46 anni, occupa dal 2013. Per una curiosa coincidenza, anche Samantha accompagnò il punto di svolta della sua carriera attaccando il suo futuro boss. «Hillary Clinton? È un mostro», disse nel 2008, quando lavorava per il comitato elettorale di Barack Obama. Fu costretta a dimettersi. Ma poi ricomparve nella cerchia dei consiglieri di Hillary, diventata segretario di Stato.
Per il resto, le storie di Nikki e Samantha sono molto diverse. La prescelta di Trump ha compiuto tutto il suo percorso pubblico all’interno della South Carolina. Niki Randhawa, figlia di immigrati di origine Sikh, diploma da ragioniera, inizia a far politica fin da ragazza. Nel 1996 sposa Michael Haley e nel 2010 diventa governatrice del South Carolina. È la prima donna. Condivide le posizioni del «Tea party», il movimento anti tasse; è decisamente contraria all’aborto e sostiene la linea dura sull’immigrazione illegale.
Samantha, irlandese, americana naturalizzata, comincia come reporter di guerra nella ex Jugoslavia. Si laurea a Yale e si perfeziona alla Harvard Law School: le università dell’élite. Si concentra sulla politica estera americana e in particolare sulle reazioni ai genocidi nel mondo. Scrive un libro sul tema che vince il Pulitzer e attira l’attenzione di un senatore dell’Illinois: Barack Obama.
Nikki Haley, invece, è salita alla ribalta nazionale solo nell’estate del 2015. Il 17 giugno Dylann Roof, un bianco ventunenne uccide nove afroamericani in una chiesa di Charleston. Saltano fuori immagini del giovane con la bandiera dei Confederati. Il 9 luglio la governatrice Haley vieta l’esposizione pubblica del drappo adottato dai suprematisti bianchi. Un atto di coraggio non solo politico, nel South Carolina. Il 12 gennaio scorso la consacrazione nazionale. Nikki tiene il controdiscorso sullo Stato dell’Unione, in risposta a quello ufficiale di Obama. Nelle primarie appoggia prima Marco Rubio e poi Ted Cruz. A differenza di Samantha Power, Nikki Haley non ha alcuna esperienza di politica estera. Tranne alcune, costose, missioni commerciali, criticate dalla stampa locale. All’Onu dovrà misurarsi soprattutto con il russo Vitaly Churkin, 64 anni, diplomatico di abile e consumato mestiere.
I duelli Power-Churkin tengono ancora banco: dalla crisi ucraina alla guerra in Siria. Trump ha promesso una svolta: toccherà anche a Nikki Haley gestirla.