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 2016  novembre 23 Mercoledì calendario

Una soluzione per Mps? Cdp Equity acquisti le obbligazioni

La stampa finanziaria internazionale è unanime nel ritenere che il sistema bancario sia l’anello più debole del sistema-Italia, tornato in balia di un grado di incertezza politica rapidamente crescente. E la debolezza maggiore sta nella condizione di Mps, che cerca di uscirne lanciando un’operazione di rafforzamento patrimoniale su base privata di mercato. L’operazione è ad alto rischio e viene lanciata proprio a cavallo del referendum costituzionale. Le conseguenze di un insuccesso dell’operazione Mps potrebbero essere rilevanti. Sul fronte delle banche minori, non si è ancora chiusa la cessione a Ubi di 3 delle 4 piccole banche colpite dal bail-in a fine 2015 (Banca Marche, Popolare Etruria e CariChieti). Per evitare guai peggiori, Mps ha avviato la cartolarizzazione delle proprie sofferenze, che però, generando perdite, richiede una contestuale operazione di rafforzamento patrimoniale. Mentre la cartolarizzazione è stata avviata sia pure tra mille difficoltà, la configurazione del rafforzamento patrimoniale è radicalmente mutata. Fino a pochi mesi fa, l’operazione era incentrata sull’aumento di capitale da 5 miliardi, garantito da un consorzio di banche a guida JPMorgan-Mediobanca. Tanto che per mesi ebbe larga eco mediatica la proposta alternativa del consorzio capitanato da Ubs e patrocinato da Corrado Passera, secondo cui sarebbe bastato un aumento da 3 miliardi. La conversione in azioni delle obbligazioni subordinate Mps in circolazione era considerata un’operazione ancillare, un possibile complemento volto a sostituire una parte dell’aumento di capitale e quindi a ridurre l’importo da reperire sul mercato. Ora invece la comunicazione ufficiale di Mps del 14 novembre ha rovesciato il rapporto tra conversione e aumento di capitale. Il successo dell’offerta di conversione rivolta ai detentori dell’intero stock di 4,3 miliardi di obbligazioni subordinate, per metà risparmiatori individuali e per l’altra metà investitori istituzionali, diventa condicio sine qua non per procedere all’aumento di capitale. In termini inusuali, l’offerta di conversione non fissa alcuna soglia minima di successo dell’operazione quanto ad adesione; né fissa alcun termine temporale specifico, ma lascia intendere che ci saranno pochi giorni per decidere se aderire, visto che entro fine anno dovrà essere concluso anche il successivo aumento di capitale; lascia naturalmente indefinito il prezzo unitario delle azioni offerte in contropartita delle obbligazioni subordinate, che verrà comunicato solo in sede di aumento di capitale. Per giunta, prefigura in termini assai tetri le conseguenze per i detentori di obbligazioni di una adesione insufficiente: mancata esecuzione dell’aumento di capitale, blocco dell’operazione di cartolarizzazione, applicazione a Mps del nuovo regime di risoluzione, conversione forzosa delle obbligazioni e accollo agli azionisti delle perdite con riduzione del valore nominale delle azioni.
In tutto questo, che fanno le banche del consorzio di garanzia del collocamento azionario a guida JPMorgan-Mediobanca? Osservano con calma, libere da qualsivoglia impegno, l’esito della conversione, limitandosi a ricercare potenziali investitori-chiave, disponibili a valutare se assumere una partecipazione rilevante nel successivo collocamento azionario. Al termine del periodo di conversione, ciascuna banca potrà valutare in buona fede se le adesioni raccolte siano state sufficientemente elevate da rendere possibile a loro insindacabile giudizio il lancio dell’aumento di capitale rivolto al mercato azionario per reperire la parte ancor mancante dei famosi 5 miliardi.
Il messaggio ai risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate Mps non poteva essere confezionato in modo più chiaro e brutale: aderite in massa e rapidamente alla conversione o il salto nell’abisso è inevitabile. Si dirà: che altro si poteva fare, in un quadro di così alta incertezza politica e di mercato? Per giunta, l’adesione massiccia alla conversione potrebbe davvero essere nell’interesse di quei risparmiatori. Se oggi cedono le loro obbligazioni per contanti, perdono un terzo del capitale investito, perché i prezzi sul mercato secondario non arrivano a due terzi del valore facciale; mentre aderendo alla conversione, ottengono azioni con un potenziale di rivalutazione. Ma se l’aumento di capitale non è garantito ex-ante dalle banche del consorzio di garanzia neanche in misura ridotta e se la sua stessa esecuzione è subordinata al successo di un’offerta di conversione di obbligazioni subordinate per la cui validità non è neanche fissata una soglia minima, è giocoforza constatare che i presupposti per un’operazione di salvataggio privata e di mercato di Mps si sono molto indeboliti. O meglio, sono diventati assai più aleatori e più legati ad una risoluzione positiva dell’incertezza politica connessa al referendum costituzionale.
Era disponibile una via alternativa a questo azzardo? Mi pare di sì. Sarebbe bastato che il fondo Cdp Equity, che ha sostituito il Fondo Strategico Italiano, avesse lanciato una offerta pubblica di acquisto per contanti sullo stock nominale di 2,1 miliardi di obbligazioni subordinate Mps in mano ai piccoli risparmiatori, ad un prezzo tale da incorporare forse un modesto sconto sul valore facciale, ma da invogliarli comunque ad una massiccia adesione. I titoli acquistati dal fondo Cdp Equity sarebbero stati poi portati in conversione, aderendo all’offerta Mps. Gli investitori istituzionali detentori delle altre obbligazioni subordinate avrebbero aderito alla conversione, che avrebbe avuto successo. Cdp Equity avrebbe potuto alleggerire la conseguente partecipazione in Mps nel giro di un paio d’anni.
Sarebbe stato preferibile dover superare obiezioni euro-burocratiche su un’operazione del genere, condotta da un soggetto di mercato come Cdp Equity con prospettive non irragionevoli di guadagno, piuttosto che correre il rischio di fronteggiare le conseguenze anche legali di un tracollo dieci volte maggiore di quello delle quattro piccole banche del Centro Italia, in caso di insuccesso della conversione nella forma annunciata. E poi, se un fondo strategico non fa questo tipo di operazioni, che funzione ha?