Libero, 23 novembre 2016
L’Europa paga terroristi e dittatori
Magari ha ragione l’euromandarino liberale Guy Verhofstadt ed è vero che esiste «una quinta colonna attiva che vuole minare l’Europa dal di dentro» (il riferimento è al solito Vladimir Putin e alle leadership russofile che prendono piede nel Continente). Ma è vero anche che, a minarsi dal di dentro, l’Unione europea ci riesce benissimo da sola. E se la popolazione inizia a non poterne più del Leviatano brussellese, prima di cercare colpevoli a Mosca forse sarebbe il caso di dare un’occhiata in casa propria.
Difficile ad esempio immaginare che il cittadino europeo medio sia felice di sapere che l’istituzione che dovrebbe rappresentarlo al massimo livello ha buttato in un appena un anno poco meno di dieci miliardi di euro (9,9 per l’esattezza) in aiuti umanitari e soprattutto che lo ha fatto con criteri quantomeno discutibili. E questo per contare solo la contribuzione diretta della Commissione, dato che calcolando anche le elargizioni dei singoli Stati membri il totale arriva a 58 miliardi. I dati relativi al 2014, resi noti dalla Commissione stessa ed elaborati dalla testata online Truenumbers.tv, proprio questo dimostrano, e danno adito a più di un’alzata di sopracciglio.
Ad esempio, si apprende che il maggiore destinatario di questi aiuti è la Turchia, che porta a casa 571 milioni. I quali, è bene ricordarlo, non sono gli unici soldi che da Bruxelles piovono su Ankara: la Commissione, infatti, sta ancora versando al governo turco i fondi del programma di accesso Ipa, con una spesa tra il 2002 ed il 2020 pari a più di 10 miliardi.
Dietro la Turchia si piazza la Palestina, che incassa la bellezza di 360 milioni. Anche in questo caso, lo stanziamento si inserisce in un contesto più ampio e, soprattutto con più zeri: dal 2007 al 2013, infatti, l’Autorità palestinese ha ricevuto dall’Europa una media di 400 milioni all’anno in aiuti per un totale di 2,52 miliardi in sette anni. Una montagna di quattrini consegnati peraltro ad un’entità che eufemismo non brilla per trasparenza nella rendicontazione delle spese e che in più di un’occasione è stata accusata di distrarre fondi destinati ad altro in favore di formazioni terroristiche.
Proseguendo nella classifica, si incontrano l’Afghanistan (297 milioni), l’Ucraina (293 milioni) e la Siria (282 milioni). Cifre importanti anche per Georgia (172 milioni), Pakistan (150 milioni) e Myanmar (120 milioni).
A questi stanziamenti diretti cioè erogati direttamente agli Stati si aggiungono poi quelli regionali, ovvero quelli che vengono erogati per macroaree e gestiti in loco dagli uffici dell’Unione. A fare la parte del leone in questo caso è l’Africa del Nord, che porta a casa 511 milioni. A sorpresa, la piazza d’onore la conquista l’Europa con 306 milioni, realizzando così il discreto paradosso dell’Europa che manda aiuti umanitari all’Europa medesima. Briciole per gli altri: l’America porta a casa tra Nord, Centro e Sud meno di cento milioni, mentre il Medio Oriente deve accontentarsi della miseria di 7 milioni appena.
Infine, il capitolo curiosità. Nell’elenco dei destinatari degli aiuti umanitari dell’Unione europea, infatti, figura anche chi non ci si aspetterebbe di trovare. Come ad esempio le Maldive, che mettono in cassa a che titolo non è dato sapere 750mila euro. Oppure le «istituzioni multilaterali» che portano a casa un milione di euro (e di quali aiuti umanitari abbiano bisogno la Banca mondiale o l’Onu lo sanno veramente solo a Bruxelles). La palma per lo stanziamento più assurdo, tuttavia, non può che andare alle Isole Pitcairn, sperduto atollo del Pacifico facente parte delle Dipendenze britanniche d’oltremare e noto ai più per ospitare ancora oggi i discendenti dei celebri ammutinati del Bounty: a costoro l’Unione ha riconosciuto un contributo da 720mila euro.