Corriere della Sera, 23 novembre 2016
Cosa non è cambiato dopo mezzo secolo
«Con decreto firmato dal procuratore della Repubblica dott. Alessio, è stata sequestrata ieri a Novara la pellicola “La calda preda”, realizzata da Roger Vadim a interpretata da Jane Fonda. Secondo il magistrato il film “è di indubbio contenuto osceno”». Basterebbe questa notiziola sul Corriere a pagina 12 per dire quanto tempo è passato dal 22 novembre 1966. Mezzo secolo fa. Non bastasse, il giornale ospitava un articolo che fin dal titolo spiegava come il mondo e l’Italia stessa fossero percorsi da una ondata di fiducia nel futuro: «In meno di un’ora andremo a Nuova York?». Un ottimismo sconfinato: «I tecnici di grandi industrie americane sono in giro per il mondo per convincere le compagnie aeree a prenotare gli aerei supersonici». Anzi, c’era già chi studiava gli aerei «iper-sonici».
Eppure quello stesso giorno l’editoriale di prima pagina era nato a ricordarci quanto le cose, su certi temi, sarebbero rimaste uguali. Firmato da Libero Lenti, economista, saggista, collaboratore del nostro giornale per 27 anni, quell’editoriale titolato «La scacchiera delle cifre» faceva le pulci al governo in carica, presieduto da Aldo Moro con Paolo Emilio Taviani agli Interni ed Emilio Colombo al Tesoro.
Non erano piaciuti, al Corriere, la decisione di «mettere una pezza ai bilanci degli enti previdenziali» (invece che far fronte alla «necessità di mettere ordine») e più ancora il modo in cui l’esecutivo aveva scelto di reagire ai problemi creati dalle disastrose alluvioni in mezza Italia. Quelle alluvioni avevano toccato il cuore di tutti. E secondo Lenti «bisognava senz’altro approfittare dell’emozione per guardare più a fondo» nei bilanci di quegli enti, «nonché per abolire sussidi, per troncare sovvenzioni, per eliminare prestiti a saggi puramente nominali (per esempio alle società di calcio), e così via». Tagli che, fatti in quel momento, avrebbero probabilmente risparmiato al nostro Paese un bel po’ di grattacapi futuri.
Ancora più interessante, però, è rileggere oggi, mezzo secolo dopo lo sfogo dell’editorialista del Corriere su uno dei temi che hanno visto negli ultimi anni la sconfitta di tanti uomini di buona volontà ipocritamente chiamati a occuparsi della spending review, da Enrico Bondi a Francesco Giavazzi, da Carlo Cottarelli a Roberto Perotti. «Possibile che su un complesso di spese correnti di 7.236 miliardi di lire com’è previsto per il 1967», si chiedeva esasperato Libero Lenti, «non si trovi la possibilità di risparmiare spese veramente inutili per 200-300 miliardi di lire?». Macché…