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 2016  novembre 20 Domenica calendario

Da Airbnb a Uber, la gig economy impiega 1 americano su 4

NEW YORK Ognuno per sé, e il dollaro per tutti. Una massa crescente di americani non ha un contratto di lavoro e si arrangia come può alla base di una piramide sociale appiattita dal collasso della classe media. È la gig economy, bellezza! Un quarto dei lavoratori statunitensi ha guadagnato la qualifica di imprenditore privato scavando una piccola nicchia nell’universo dell’Internet. Niente affitto di locali, niente pratiche burocratiche; e se va bene, niente tasse da pagare. Basta accontentarsi della assoluta precarietà del lavoro e delle briciole di profitto disponibili. E basta godere di una salute di ferro, visto che nessuna delle posizioni garantisce l’assistenza sanitaria. Autisti del car sharing, dog sitter, facchini per consegne a domicilio, venditori di prodotti artigianali, tuttofare a ore. Il fenomeno potrebbe essere liquidato come una forma tecnologicamente evoluta dell’immortale arte di arrangiarsi, se non avesse assunto proporzioni tali da avere risvolti nella società e nella politica americana. 
CAMBIAMENTO EPOCALE
Il paese che non ha mai conosciuto prima l’esistenza di un’economia sommersa, guarda al fenomeno con una sorta di curiosa simpatia, nel tentativo di capirne l’entità e gli effetti che ha nella vita comune. Il centro di studi Pew Research ha offerto una prima lettura delle opinioni che gli americani hanno della gig economy (la parola gig è usata dai musicisti per definire l’ingaggio temporaneo per un’esibizione). L’impressione generale è positiva, specie per chi usa con frequenza i servizi. Due tocchi sapienti della tastiera o all’interno di un app telefonica mettono a portata di mano una miriade di prestazioni in modo efficiente e a prezzi competitivi. Per quanto riguarda l’impiego, il rapporto dell’agenzia mostra che l’opzione è ancora poco appetibile per i più giovani, ma che interessa già il 14,3% dei lavoratori nella fascia tra i 25 e i 54 anni, e il 24% tra i 54 e i 74. Questo è il gruppo dei non-impiegabili, che hanno perso un contratto e non riescono più a qualificarsi per l’età la mancata conoscenza richiesta per una nuova assunzione. 
I disoccupati maturi sono i più vulnerabili all’offerta di paghe basse che domina nel settore, ma anche i più richiesti. L’agenzia di car sharing Lyft offre autisti anziani per l’accompagnamento di donne sole e di bambini, e molti clienti li preferiscono per l’affidamento della cura dei propri cani. In un’economia che ha eliminato l’apprendistato pagato e nella quale vige lo sfruttamento dei giovani ai primi stage, la gig economy è considerata una delle migliori offerte per avviarsi sulla strada dell’impiego dalla metà del campione interpellato dalla Pew Research. Solo un quarto tra loro crede però che l’esperienza sia una vera porta d’ingresso per una carriera lavorativa, e otto su dieci riconoscono che il rischio e i sacrifici pesano in modo diseguale sulle spalle del lavoratore, rispetto ai disegnatori di software che si arricchiscono con la crescita dei servizi. Le nuove aziende della gig economy invece sono imprese di sogno. Hanno il più basso coefficiente di spesa per il settore risorse umane, e costi contributivi risibili. Sono anche il settore dell’economia americana che cresce il 27% più in fretta rispetto alle aziende convenzionali. Ma come tutto il sommerso, è difficile da quantificare. Il governo Usa si ripropone di farlo a fine decennio, con i dati che arriveranno dal censo del 2020.