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 2016  novembre 20 Domenica calendario

Fuori dai partiti l’outsider Macron che ora è lo spauracchio dei socialisti

ROMA Sui setti candidati in lizza alle primarie del centrodestra in Francia, i favoriti sono l’ex primo ministro di Nicolas Sarkozy François Fillon, l’ex primo ministro di Jacques Chirac e ministro dell’Ambiente di Sarkozy Alain Juppé, e l’ex presidente Nicolas Sarkozy. Stasera sapremo chi dei tre si è qualificato per il secondo turno che tra una settimana proclamerà il candidato alle presidenziali di primavera. I sondaggi ballano: per l’Ifop Juppé è al 31 per cento, Sarkozy al 30 e Fillon al 27; per OpinioWay, Sarkozy e Fillon starebbero ciascuno al 25 per cento, dietro Juppé al 33. Grande dè l’attesa e anche la suspense. Dal voto di oggi e dal vincitore delle primarie del centro destra dipenderà infatti il risultato del Fronte nazionale alle presidenziali. 
LA GARA
Il voto alle primarie dei Repubblicani, così si chiama adesso la federazione di partiti che riunisce il centro liberale, la destra repubblicana e i cristiani democratici, è aperto a tutti i francesi iscritti alle liste elettorali, a condizione di versare 2 euro e di firmare la charte de l’alternance, dichiarando cioè di essere in sintonia coi valori della destra e del centro. Gli organizzatori hanno fatto le cose in grande: 70 milioni di schede stampate e ogni elettore potrà lasciare i suoi recapiti in vista della mobilitazione delle presidenziali. 
LA NOVITÀ
La novità delle ultime ore è la rimonta di François Fillon che imperversa dall’ultimo dibattito televisivo di fronte ai 5 milioni di telespettatori. L’ex primo ministro di Sarkozy, già ministro di Chirac, moderato e anglofilo di lungo corso, patito di cavalli e di automobilismo, habitué delle 24 ore di Le Mans, si è mostrato più convincente degli altri, sparigliando i giochi tra il favorito dei moderati Juppé e il paladino dei radicali Sarkoy: «Alcuni si erigono come candidati del popolo. Io non pretendo nulla: il popolo sta qui», ha detto Fillon alludendo all’ex presidente Sarkozy, il quale, come candidato del cambiamento di fronte all’«esasperazione del popolo di Francia» mira a sedurre l’elettorato del Fronte nazionale, e perciò spara a zero sia contro lo stesso Fillon e la proposta di aumentare di due punti l’Iva, sia contro Juppé, candidato ai suoi occhi troppo schivo e riservato, ma ben più insidioso, perché meglio di lui, in caso di ballottaggio con Marine Le Pen, riuscirebbe a calamitare il voto dell’elettorato socialista e della sinistra liberale.
IL PERCORSO
Nel percorso verso le presidenziali, dunque, le primarie dei Repubblicani sono un passaggio essenziale. Non per niente, Emmanuel Macron, l’ex ministro dell’economia del governo socialista di Manuel Valls, ha deciso di giocare d’anticipo, dichiarandosi candidato alle presidenziali ben quattro giorni fa in nome dell’antisistema. Al di fuori dei partiti, trasversale a destra e sinistra, proprio lui, il bel Macron, corteggiatissimo dai mass media, in quanto trentottenne ex allievo dell’Ecole nationale d’Administration, ex pupillo del filosofo Paul Ricoeur, pianista provetto, e aspirante scrittore nonché sposo felice della sua ex prof di liceo, una splendida sessantenne che per lui lasciò vent’anni fa marito e tre figli, e fondatore di un movimento che ha le sue iniziali (En Marche), si accredita come il candidato anti establishment, sparando a zero contro la vacuità della politica, le regole osbolete e claniche della classe dirigente, la paralisi degli apparati di partito.
E pazienza se fino a tre mesi l’ex banchiere della banca Rothschild era il ministro dell’Economia, dopo esser stato il Segretario generale dell’Eliseo voluto dal presidente François Hollande, che in lui vedeva un alter ego, almeno sul piano dei motti di spirito, e mai e poi mai se ne sarebbe aspettavo il tradimento. «Sono convinto che gli uni e gli altri hanno torto perché sono i loro modelli, le loro ricette che sono falliti... non il paese. Il paese non è fallito e lo sa, lo sente», ha detto Macron, cavalcando l’onda francese del nazionalismo populista.
E se la sua candidatura mira a riunire i Francesi, il programma resta ancora vago e indeterminato. Sicché, più che preoccupare Marine Le Pen, che naviga sicura, col Fronte Nazionale al 27 per cento, verso il secondo turno delle presidenziali, la mossa di Macron preoccupa soprattutto i socialisti, ancora in balìa dell’incertezza. Non è chiaro infatti se Hollande, ormai ai minimi storici, intenda ricandidarsi o se non finirà per cedere la mano al premier Manuel Valls che morde il freno, mentre la pasionaria ministra dell’Educazione nazionale, Najad Belkacem, punta il dito contro la candidatura Macron, «che avrà come unico effetto di eliminare i socialisti dal secondo turno delle presidenziali», e si mobilita perché Hollande entri in lizza.