la Repubblica, 20 novembre 2016
L’amaca di Michele Serra
SE UNA rissa tra adolescenti filippini a Milano (due feriti) merita l’apertura del più importante telegiornale italiano forse abbiamo un problema. Il problema è lo scarto impressionante tra la violenza reale e la vera e propria “violenza aumentata” che sortisce dalla sua rappresentazione mediatica. È un problema per Milano, città relativamente sicura (sotto Albertini e Moratti così come sotto Pisapia e Sala, lo dico perché non salti su il solito pirla che la butta in politica) che in queste ore vive sui media una fama noir decisamente inverosimile; per il suo sindaco, che vede qualunque civile preoccupazione o proposta sensata espressa in pubblico trasformarsi nel disperato sos di uno sceriffo assediato dai banditi; per i numeri e le statistiche, inutilmente rassicuranti, travolti dall’onda emotiva come se fossero scritti sulla sabbia. È l’ormai famosa realtà post-fattuale. Post-fattuale ma con fortissime ricadute sulla neo-politica, quella che trasforma insicurezza e paura in un immenso votificio. Provate a immaginare che cosa succederebbe oggi se la banda Cavallero (1967) sparasse sulla folla dopo una rapina, crivellando i passanti; o la violenza politica dei Settanta/Ottanta riempisse di sangue e di bossoli l’asfalto della città (decine di morti); per non dire delle bombe (alla Fiera, in piazza Fontana); per non dire della feroce stagione di sparatorie e ammazzamenti ai tempi di Vallanzasca e Turatello. La democrazia non morirà per un golpe, ma per un attacco di panico.