Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 20 Domenica calendario

I baci irriguardosi di Giulia e i consiglieri di Infantino

Notizie brevi che lasciano immaginare un mondo. “Giulia Mirmina, calciatrice dell’Atletico Foligno, è stata squalificata per 6 giornate per aver tentato di baciare l’arbitro dopo l’espulsione durante la partita con i Lavoratori Terni (campionato regionale). Anziché lasciare il campo, scrive il giudice sportivo, si è avventata sull’arbitro urlando “Lo voglio baciare ripetutamente”. È stata bloccata dall’intervento delle compagne di squadra, che hanno evitato il contatto”. Ho trascritto da Repubblica. A prima vista, sei giornate di squalifica per aver tentato, senza riuscirci, di baciare l’arbitro sembrano tante, ma a colpirmi di più è l’uso dell’avverbio. Ripetutamente. Va be’, è il titolo d’una canzone dei 99 Posse, ma quante persone, in pieno raptus agonistico, userebbero ripetutamente? Vale anche per il sinonimo: reiteratamente. Ma perché, poi, Giulia Mismina voleva baciarlo? E, se le compagne non avessero impedito il contatto, lo avrebbe poi baciato davvero o gli avrebbe addentato una parte molle (naso, orecchio)?
Me lo sono chiesto. Ripetutamente. Ma non ho cercato Giulia Mirmina per avere la sua versione. Come diceva un mio ex direttore, perché lasciare che la verità rovini una bella storia? Su Folignosport c’è uno stralcio di quanto ha scritto il giudice sportivo. Si chiama Marco Brusco, l’arbitro non si sa. Dunque, espulsa per doppia ammonizione, la giocatrice «anziché abbandonare il campo tentava di avventarsi sul Direttore di gara urlando provocatoriamente “lo voglio baciare ripetutamente”. Solo l’intervento di alcune compagne di squadra, che la bloccavano, impediva alla stessa il contatto fisico con l’arbitro (contatto che peraltro ripetutamente mi sono sforzato di immaginare: ndr) il quale, tuttavia, veniva fatto oggetto di frasi irriguardose da parte della Mirmina». Ecco un tassello in più: prima provocatoria, poi irriguardosa. La partita è finita 6-1 per la squadra di Terni e che l’arbitraggio non sia piaciuto molto a quella di Foligno emerge da altri particolari. Raissa Benda, squalifica di 5 giornate: «Poiché Raissa Benda proferiva ad alta voce frase gravemente ingiuriosa nei confronti del Direttore di gara. Una volta espulsa tardava a lasciare il campo, continuando a lamentarsi nei confronti del Direttore di gara». Interrompo per precisare che la trascrizione obbliga all’uso della maiuscola (Direttore), pur avversato. In parole povere, non è che scrivendo direttore di gara, o questore, la sostanza cambi. Cambia semmai la posizione dello scrivente: eretta oppure china. A completare la memorabile trasferta dell’Atletico Foligno, 4 turni di squalifica ad Arianna Buccioli.
Passiamo al calcio più noto. Corriere dello sport di venerdì: “Sono Rivera e imparo il calcio”. Imparo? Dev’essere un film. Occhiello: “Una giornata a Rebibbia con un allievo speciale che ricomincia a 73 anni, La lezione è uno spettacolo”. Sì, dev’essere un film. O un documentario. Sommario: “Vuole prendere il patentino per allenare giovani e dilettanti e aprire un’accademia itinerante. Ma non bluffa: studia con l’impegno di un ragazzo”. Molto strana questa tardiva vocazione all’insegnamento del pallone. Nei panni del “mister” Rivera non s’è mai visto. Anche l’accademia itinerante, cosa sarà di preciso? Affari suoi. Però m’è venuto in mente uno dei tanti aneddoti circolanti su Renato Cesarini (sì, quello della zona) che per ottenere il patentino da allenatore fu obbligato a sottoporsi a un esame e al giudizio di una commissione, da cui subito partì una domanda: «Cesarini, lei ha mai scritto libri sul calcio?». E lui: «No, però se mi date i vostri vi correggo gli errori». Quanto sarebbe piaciuto a Paolo Conte, Cesarini. E non solo per com’era in campo, un artista. Per quello che era fuori. Girava per Torino con una scimmietta sulla spalla, aveva aperto una sala da ballo (tango a volontà) e ci tirava mattina, sempre che non fosse impegnato con una donna o un tavolo da poker. Ad allenare la Maquina, il leggendario River Plate di Labruna e Pedernera, era il Cè (suo soprannome). Quando giocò in Italia, non fu mai visto fare il saluto fascista, a centrocampo.
Restiamo nel calcio più noto. Nella Fifa, come consigliere, il presidente Infantino ha arruolato anche Marco Van Basten e, dice, gli piacerebbe arruolare anche Maradona. Padronissimo, ma mi pare un po’ comodo fare le task force con i grandissimi nomi. Allora, perché non Francescoli, o Junior, che in campo ragionavano più di Van Basten? Che dice: «Il calcio ha bisogno di regole, di giustizia, di onestà». Le regole ci sarebbero già, la giustizia dipende da come vengono o no applicate, dell’onestà non conosco le ultime quotazioni a Wall Street ma temo sia in picchiata. Buon lavoro, Marco: c’è moltissimo da fare.