Corriere della Sera, 21 novembre 2016
La «pentita» si sfoga: ora posso guardarmi allo specchio
MILANO «Non bisogna temere le parole dei violenti, ma il silenzio degli onesti». Così, con una frase di Martin Luther King, si presentava al mondo web dei 5 Stelle Claudia La Rocca, la deputata regionale siciliana che con la sua testimonianza ha impresso una svolta alle indagini sul caso firme false a Palermo. Mentre ancora ritiene «inopportuno» rilasciare dichiarazioni sulla vicenda, La Rocca rompe il suo silenzio pubblico con un post su Facebook. «Mi ero ripromessa di non scrivere nulla. Sono giorni molto difficili, ogni parola potrebbe essere sbagliata – scrive —, so che la gente da dietro una tastiera sa essere molto cattiva, so che c’è sempre qualche detrattore del Movimento pronto a strumentalizzare ogni cosa, senza nessuna oggettività e umanità». Troppo il desiderio di spiegare il suo punto di vista, la necessità di recarsi dagli inquirenti per ammettere le proprie responsabilità. «Non voglio essere l’eroina, non voglio essere la protagonista – racconta —, volevo solo mettere la parola fine a una situazione che stava degenerando, tirando dentro tutto e tutti, e l’ho fatto nell’unico modo che conoscevo, la cosa che mio padre più apprezzava di me... Dicendo la verità».
Una verità che come lei stessa scrive rimette «in discussione gli ultimi 8 anni della mia vita, il mio ruolo di portavoce che ho messo al primo posto, sacrificando la mia vita privata». Perché il M5S non intende far sconti: la deputata sarà quasi sicuramente espulsa. Non è escluso che i 5 Stelle in un eventuale processo possano costituirsi parte civile, anche se al momento l’ipotesi viene etichettata come «lontana dalle considerazioni, perché bisogna attendere prima l’esito delle indagini». Quello che è certo è che con la sua testimonianza La Rocca conclude un percorso dentro al Movimento risalente al 2009, ai tempi in cui le percentuali pentastellate erano risibili. Tempi in cui le sue 246 preferenze raccolte alle famigerate Comunali del 2012 la ponevano come terza assoluta tra i 5 Stelle palermitani. Quasi fosse uno scherzo del destino proprio lei aveva raccolto da Beppe Grillo a fine aprile di quell’anno il microfono per il comizio sulle Comunali. «È il momento di guardare in faccia la realtà», aveva tuonato dal palco. L’onda dello Tsunami tour in Sicilia sarebbe passata solo qualche mese più tardi, in anticipo rispetto al resto d’Italia. Grillo sarebbe tornato a nuoto, lei nel giro di pochi mesi avrebbe decuplicato le preferenze in città (a ottobre 2012 prese 2.625 voti a Palermo). L’inizio di una nuova fase con il gruppo molto coeso dei deputati siciliani, lontano dalle beghe (e dalle correnti avverse, come quella di Riccardo Nuti e Claudia Mannino) cittadine. «Solare, lontana dalla politica come arte del tramare», così i 5 Stelle la dipingono oggi (e molti su Facebook le esprimono stima e vicinanza). Lei, per ironia del destino prima firmataria della prima legge pentastellata (sull’«albergo diffuso» nel luglio 2013), che a 35 anni si definisce «studentessa» sul profilo dell’Ars, commenta il suo tsunami personale con disincanto: «La vita è fatta di scelte e affrontare un temporale con dignità, potersi guardare allo specchio, vale di più».