Corriere della Sera, 20 novembre 2016
Hip-hop, coltelli e whisky nelle notti dei giovani filippini ribelli di seconda generazione
Milano In questa piazza artificiale, racchiusa tra palazzi a specchio che ospitano gli uffici della Regione e del governatore Roberto Maroni, i filippini di Niguarda ci sono arrivati quattro anni fa. Non che la piazza di notte sia ospitale. E neppure un luogo dove tirar tardi. Ma c’è un tetto di vetro altissimo, che ripara dalla pioggia e dal freddo. Le guardie giurate raccontano che «i ragazzi» non hanno mai creato problemi. Anche se viene difficile crederlo guardando l’arsenale di alcol che venerdì sera si erano portati dietro: whisky, birra, superalcolici, e poi noccioline, succhi di frutta, avanzi di cibo. Sono l’unica cosa rimasta dopo la rissa di venerdì sera.
Ore 22.26: due gruppi di ragazzi che si affrontano a bottiglie e coltelli sotto le telecamere di sorveglianza della Regione Lombardia. Telecamere che riprendono tutto e immortalano due minuti di guerra che quasi costano la vita a un giovane di 18 anni e a un 16enne.
Sono tutti filippini i ragazzi coinvolti in questa rissa. Che se non fosse avvenuta qui, in uno dei luoghi più sorvegliati di Milano, forse si sarebbe esaurita in fretta e senza polemiche. Ma a Milano in questi giorni è tornata l’emergenza sicurezza, con il ministro dell’Interno che – su richiesta del sindaco Beppe Sala – ha deciso di mandare altri militari di rinforzo dopo l’omicidio di un 37enne dominicano sabato scorso in piazzale Loreto. A colpire Antonio Rafael Ramirez sono stati due assassini ancora in fuga legati alla banda dominicana dei Trinitarios. A costargli la vita una questione di cocaina.
Meno di una settimana dopo, in un luogo altrettanto simbolico, ecco i filippini. Anche se in realtà filippini quasi non sono. Perché per la maggior parte si tratta di ragazzi nati e cresciuti a Milano. Quelli presi dai carabinieri hanno tra 15 e 21 anni. Uno, 19 anni, è stato fermato per tentato omicidio, cinque sono stati arrestati per rissa e altri quattro (minorenni) denunciati.
All’appello mancano un’altra manciata di ragazzi. Vengono tutti dalla periferia Nord. Viale Fulvio Testi, quartiere Niguarda. Solo due hanno precedenti per ubriachezza molesta e piccoli furti. Hanno storie simili: studiano in pochi, uno lavora come cameriere, altri semplicemente non fanno niente. Erano lì per ascoltare musica hip-hop da una radio, per ballare. Per bere. Soprattutto per bere.
Sono i figli ribelli di uomini e donne che si spaccano la schiena facendo il portinaio, la colf o l’addetto alle pulizie. Quella del Sud est asiatico è la comunità più numerosa a Milano, mansueta e laboriosa. Lavorano i filippini. Lavorano sempre, perché a Milano filippino è una professione, prima ancora che una nazionalità. Ma oltre a sgobbare i filippini, specie quelli giovani, trafficano shaboo, la metamfetamina che crea dipendenza dalla prima assunzione, costa pochissimo e ha il colore del ghiaccio. Ieri, per prima cosa, il ministro Alfano e il comandante provinciale dei carabinieri Canio Giuseppe La Gala si sono affrettati a spiegare che non si è trattato di una «guerra tra gang». Alla base della lite ci sarebbe un diverbio tra i due gruppi dopo che alcuni giovani s’erano messi a urinare in piazza. Nelle riprese delle telecamere, però, si vede uno scontro a colpi di coltelli, cocci di bottiglia e a mani nude. A terra i corpi di un 18enne, ancora grave, e di un 16enne. Feriti entrambi alla gola. E poi aggressori e vittime che si allontanano con calma, mentre cercano di bloccare il sangue dalle ferite con i fazzolettini di carta.