La Stampa, 18 novembre 2016
Epurazioni e colpi bassi. L’intelligence del magnate punta a rafforzare la Cia
Le dimissioni di James Clapper, normali nel processo di avvicendamento tra due amministrazioni, anticipano in realtà una potenziale rivoluzione nel sistema dell’intelligence degli Stati Uniti. Fonti americane informate, infatti, rivelano che i consiglieri del presidente eletto Donald Trump hanno già preparato un testo per la riforma dei servizi segreti. Il progetto eliminerebbe proprio la posizione del direttore nazionale dell’intelligence ricoperta da Clapper, per tornare ai metodi del passato e restituire alla Cia la posizione preminente tra tutte le agenzie e il loro coordinamento. Il problema è che la transizione sta avvenendo in un clima di forte tensione, vendette, colpi bassi, e il generale Michael Flynn che la guida non è ben visto da tutti i colleghi.
Quando la squadra del «transition team» era stata formata dal governatore del New Jersey Christ Christie, l’ex presidente della Commissione intelligence della Camera Mike Rogers aveva ricevuto il ruolo guida nel settore. Questa scelta sembrava presagire che poi avrebbe ricevuto un incarico importante, probabilmente proprio alla direzione della Cia. Quando però Christie è stato epurato, passando al vice presidente Pence la gestione della transizione, anche Rogers è saltato. Il motivo ufficioso è che lo aveva portato Christie, e quindi doveva andare via insieme a tutti i suoi collaboratori più stretti. Quello vero, però, è che prima del voto Rogers aveva frequentato colleghi del settore di sponda democratica, alimentando sospetti inaccettabili tra i fedelissimi di Trump della prima ora. Questo fatto porta alla descrizione del clima della transizione nel campo dell’intelligence, che è da lunghi coltelli. Diversi operativi del settore si lamentano, perché dicono che è in corso una vera e propria caccia alle streghe. Una «Sacra inquisizione» che fa delazioni, pettegolezzi, denunce alle spalle, per accusare tizio di collusione con caio, scarsa purezza, e quindi eliminarlo. Un clima davvero pesante.
Il posto di Rogers lo ha preso ora Devin Nunes, suo successore alla guida della Commissione intelligence della Camera, che quindi così mette un’ipoteca su un incarico importante. Molto lo decide il generale Flynn, probabile consigliere per la sicurezza nazionale, che però è parecchio malvisto dai colleghi, perché non lo considerano un genio, ma soprattutto perché ha tradito. Lui era capo dell’intelligence del Pentagono, in origine democratico, ma ha lasciato male, in rotta con Obama. Questo può succedere, però subito dopo è passato con Trump e ha cominciato a malignare sugli ex colleghi. Ciò invece per loro è un peccato mortale, perché tutti hanno referenti politici e si schierano, però la regola è che non si attaccano mai l’istituzione e i colleghi. Quindi se Flynn diventerà davvero consigliere per la sicurezza nazionale, o capo della Cia, ci saranno contrasti interni.
Queste tensioni nasceranno anche dal fatto che i piani dei consiglieri di Trump nel settore dell’intelligence sono piuttosto ambiziosi. Da tempo fra loro circola una bozza per la riforma dei servizi, preparata proprio dal braccio destro di Flynn, che prevede un ritorno al passato. Tra le altre cose vorrebbero eliminare la figura del direttore nazionale dell’intelligence, creata da George Bush per coordinare le varie agenzie dopo gli attacchi dell’11 settembre, restituendo alla Cia la primazia e il coordinamento informale delle altre strutture.
L’Italia in tutta questa trasformazione non dovrebbe subire conseguenze, perché noi abbiamo alcune capacità specifiche molto utili su dossier importanti, che gli operativi Usa riconoscono su base bipartisan. Un problema da risolvere però resta la sorte degli agenti coinvolti nel caso di Abu Omar. Per la gente del settore il fatto che ci siano colleghi che magari avranno pure sbagliato, ma avevano obbedito agli ordini, e sono ancora a rischio in Italia, è difficile da accettare. Ormai però questo è un tema nelle mani delle massime cariche della Repubblica, mentre il lavoro e la collaborazione sul terreno continuano nelle aree più complesse, dalla Libia alla difesa comune contro il terrorismo.