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 2016  novembre 18 Venerdì calendario

I clandestini negli Usa. Falso duello fra presidenti

Tornando ancora sulla tanto dibattuta vittoria di Trump nelle elezioni Usa, leggo sul Corriere del 14 novembre un ampio servizio sul tema «migranti» e «muro messicano». Vi si scrive che «la costruzione di una barriera di separazione tra Stati Uniti e Messico ha avuto inizio nel 1994 dal presidente Bill Clinton»; più avanti si aggiunge che «il muro corre lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. Altri tratti sono stati costruiti in Arizona, Nuovo Messico e Texas». Oltre a questo si precisa che «dal 2009 al 2014 sono stati rimpatriati 2,4 milioni (sic!) di migranti». Ebbene, al di là delle simpatie o antipatie per il nuovo eletto, sa spiegarmi perché durante la presidenza dei «buoni» democratici, su queste vicende la «buona stampa» non ci ha mai informati, lasciandoci ad intendere che barriera e deportazione siano prerogative del «cattivo» Trump?
Giorgio Bido 

Caro Bido,
Fra la politica di Barack Obama e quella di Donald Trump sulla immigrazione clandestina esistono alcune differenze. Obama ha ereditato un muro costruito durante la presidenza del suo predecessore. Non lo ha demolito, ma non ne ha esaltato la funzione. Ha permesso che le autorità di polizia facessero del loro meglio per arrestare ed espellere i clandestini, ma si è astenuto dal trattare queste disposizioni amministrative come una sorta di crociata nazionale. Ha dovuto affrontare il problema dell’esistenza sul territorio americano di una grande massa di clandestini (11 milioni) e ha cercato di legalizzare quelli (4 milioni) che hanno figli nati negli Stati Uniti. La sua intenzione si è scontrata con la sentenza di un tribunale federale che lo accusa di avere fatto un uso eccessivo dei poteri presidenziali. Interpellata, la Corte Suprema (composta dopo la morte del giudice Scalia da soltanto otto magistrati) si è divisa fra quattro liberali e quattro conservatori; e lo stallo giudiziario ha congelato le disposizioni di Obama. Ma questo non impedisce al leader uscente di continuare ad apparire liberale e progressista agli occhi di una larga parte della pubblica opinione.
Trump avrebbe potuto limitarsi a sostenere che la sua politica sarebbe stata ancora più severa di quella del predecessore. Ma voleva presentare se stesso come il più rigido difensore della patria americana contro l’invasione degli immigrati provenienti dal Messico e dall’America Centrale. Ha preferito annunciare come nuovo ciò che nuovo non era.
Obama ha fatto ciò che gli appariva necessario senza cercare di trarne vantaggi elettorali. Trump ha spacciato per nuove e originali alcune misure che in buona parte erano già state adottate. Obama è stato probabilmente un po’ ipocrita, mentre Trump vende come suo quello che appartiene ad altri. Lascio a lei, caro Bido, il compito di decidere quale delle due qualità sia peggiore dell’altra.