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 2016  novembre 18 Venerdì calendario

La (nuova) battaglia che divide Solferino

SOLFERINO (Mantova) In piazza Torelli, cuore di Solferino dove iniziò a germogliare l’Italia unita, sventola davanti al municipio il Tricolore e nel palazzotto accanto, al secondo piano, un drappo bianco con una scimmietta che si tappa la bocca. Per la verità le scimmiette sono ovunque, appese per protesta dopo che la sindaca ha fatto togliere gli striscioni che invitavano a votare «No fusione».
Domenica qui si va alle urne, referendum per decidere se unirsi alla vicina Castiglione delle Stiviere, sette chilometri, eppure mai così lontana. Perché a Solferino si sta combattendo un’altra battaglia, 157 anni dopo. Senza morti, per fortuna, ma con trincee profondissime. «Con il gommista abbiamo smesso di salutarci. E al ristorante da Renato qualcuno non va più» ammette sconsolato Roberto Persi, coordinatore del comitato per il Sì.
Le ostilità sono scoppiate a febbraio, quando la prima cittadina Gabriella Felchilcher ha avviato la procedura per la fusione con Castiglione, che è dieci volte più grande. Subito sono montate le barricate. Si è costituito il «Comitato apartitico» e poi un altro, «Salviamo Solferino», che fa capo all’ex sindaco Germano Bignotti. Raccolta di firme per un (primo) referendum comunale. Voto il 17 aprile, stravince (con 1.158 voti contro 160) la richiesta di associarsi con altri piccoli comuni, un «no» implicito a Castiglione e alla sindaca. «Una vittoria netta, eclatante, un plebiscito» rivendica ancora adesso l’ex sindaco Bignotti.
La maggioranza di centrosinistra tira dritto lo stesso, la Regione indice così il referendum per la fusione (questa volta si voterà anche a Castiglione). «Uno spreco inutile – incalza Bignotti —. Almeno 50 mila euro buttati via, la stragrande maggioranza ha già fatto capire come la pensa. Qui è nata la Croce Rossa, qui si è svolta una delle quattro battaglie del Risorgimento e adesso ci chiedono di scomparire. Dicono che avremo più servizi. Non è vero, e anche i contributi ce li scordiamo».
La sindaca Felchilcher sa che la sua sarà un’impresa disperata, ma non per questo cede al nemico. «Siamo in gravissima difficoltà economica. Lo Stato ci ha messo in ginocchio, la giunta precedente ci ha lasciato mutui da pagare e debiti fuori bilancio, il municipio cade a pezzi e non ho nemmeno i soldi per comprare un camion agli operai». La fusione, rivendica, era l’unica via percorribile. «Le unioni tra comuni sono palliativi. E con Castiglione c’è un legame secolare. La battaglia fu a Solferino ma i feriti vennero portati lì...».
Roberto Persi, del Comitato per il Sì, aggiunge che non è solo una questione ottocentesca. «I nostri figli vanno a scuola a Castiglione, lì ci sono i supermercati e gli uffici. È la scelta più ovvia e naturale, e possiamo approfittare dei contributi straordinari. È una follia perdere questo treno».
Fausto Fondrieschi, magistrato in pensione e presidente della Fondazione San Martino e Solferino, custode dei monumenti e della memoria, si scalda quando sente parlare di fusioni. «Non è una questione di campanilismo, ma di difesa dell’identità e dell’autonomia. La nostra è una comunità di grande rilevanza storica, e ci chiedono di annullare tutto, di scomparire. Non vogliamo alzare muri alla Trump, ma lo sapete che a Castiglione ci sono 5.000 immigrati, il doppio dei nostri abitanti?».
Le due fazioni, in attesa dello scontro finale, si evitano e si accusano, spuntano veleni antichi e nuovi livori. Qualcuno ha esagerato, nottetempo ha imbrattato la sede della Croce Rossa con la scritta «No fusione» (ripulita dal Comitato per il No), e un’altra enorme è stata tracciata con il diserbante su un terreno della sindaca. «Mai vista tanta acrimonia» ammette l’ex magistrato che si batte per il No. «Spero che da lunedì si possa tornare a bere insieme al bar» dice, più con speranza che con convinzione, il coordinatore per il Sì. Dopo la nuova battaglia di Solferino, servirà anche una nuova Croce Rossa per ricucire le ferite.